Plasma, piastrine e staminali: ora l'artrosi si combatte con l'ortobiologia

Nuovi passi avanti della medicina rigenerativa. Dopo antinfiammatori e acido ialuronico, la ricerca si concentra su Prp e mesenchimali per i pazienti che fanno i conti con i dolori persistenti per il movimento

Plasma, piastrine e staminali: ora l'artrosi si combatte con l'ortobiologia
di Graziella Melina
4 Minuti di Lettura
Giovedì 11 Gennaio 2024, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 07:46

Ortopedia, è in atto una rivoluzione silenziosa. Il suo nome è Ortobiologia.

Trattamenti poco invasivi, utilizzo di materiali che arrivano dal nostro corpo, nuovi tipi di infiltrazioni. Per i pazienti che soffrono di artrosi, per esempio, si può ipotizzare una lenta importante riduzione degli interventi con protesi. Alcune procedure mininvasive potranno sostituirle. Sono tecniche effettuate sempre più spesso in pazienti che, fino a qualche anno fa, avevano come unica scelta terapeutica l’intervento chirurgico. Focus dell’ultimo congresso nazionale della Società Italiana di Ortopedia e Traumatologia (Siot). «Oggi diverse opzioni sono possibili con l’Ortobiologia – spiega Alberto Momoli, presidente della Siot e Direttore di Ortopedia e Traumatologia dell’Ospedale San Bortolo di Vicenza – Si tratta di un settore della medicina rigenerativa che comprende diverse procedure innovative nelle quali utilizziamo materiali che provengono dal nostro corpo».


DERIVATI DEL SANGUE

Dalle infiltrazioni con farmaci antinfiammatori, a quelli a base di acido ialuronico, si punta ora ai derivati del sangue, i cosiddetti Prp (plasma ricco di piastrine) fino ai trattamenti con le cellule staminali, utilizzate principalmente per trattare artrosi da lievi a moderate. «Da anni – prosegue Momoli - utilizzavamo il collagene come lubrificante e proteggente delle cartilagini: dava un ottimo risultato clinico, ma chiaramente era limitato ad un’azione più superficiale. Poi si è scoperto l’utilizzo del concentrato piastrinico, ossia il materiale che noi ricaviamo attraverso un prelievo di sangue del paziente». 
Ma, col passare del tempo, la ricerca nell’ambito della medicina rigenerativa ha permesso di fare ulteriori passi avanti. «Diverse evidenze scientifiche – ricordano gli ortopedici - hanno dimostrato l’efficacia sia riguardo le infiltrazioni con l’acido ialuronico sia quelle con il Prp, e la letteratura più recente anche quelle con le cellule mesenchimali, in particolare nell’articolazione del ginocchio. Non ci sono al momento dati a supporto, invece, che possano confermare gli stessi risultati per le altre articolazioni. In futuro, ci aspettiamo un’evoluzione verso queste tecniche anche per tutte le patologie tendinee della spalla o per l’articolazione dell’anca». 
La ricerca intanto va avanti.

Negli ultimi 4-5 anni si è scoperto che prelevando del tessuto adiposo e trattandolo con la centrifugazione, riuscivamo a isolare delle cellule mesenchimali, che addirittura avevano un effetto parzialmente rigenerante. Con buone prospettive, dunque, sul percorso terapeutico dei pazienti che devono fare i conti con il dolore persistente ad ogni movimento. 


LE PROCEDURE

L’artrosi è la seconda malattia cronica più diffusa in Italia. L’Associazione Nazionale Malati Reumatici calcola che in Italia ne soffrano almeno 4 milioni di persone. «Per il trattamento dell’artrosi, che è una patologia degenerativa che aumenta con l’età – assicura Momoli - si sono aperte nuove strade per cure più conservative. Questo tipo di procedure riguarda però le fasi iniziali dell’artrosi, ossia i gradi 2 e 3. Mentre invece nel grado quattro non possiamo ottenere benefici». È fondamentale, però, intervenire in maniera precoce. Il trattamento infiltrativo con derivati del sangue e cellule mesenchimali, precisano gli esperti, viene utilizzato principalmente per trattare quelle artrosi da lievi a moderate, sintomatiche, in cui il danno articolare e la funzione residua permetta ancora margini di un trattamento non chirurgico, consentendo una migliore qualità di vita per il paziente che, in caso di progressione della malattia, potrà essere sottoposto alla chirurgia protesica. 

LA PREVENZIONE 

A fare la differenza è la prevenzione. «Noi produciamo cartilagine da 0 a 25 anni – precisa Momoli – poi cominciamo a consumarla per vari motivi, anche per attività fisica eccessiva o al contrario per sedentarietà. Non dimentichiamo che, oltre ad una alimentazione corretta, che deve garantire il giusto apporto di calcio, è soprattutto il movimento costante uno dei fattori principali per prevenire la degenerazione della cartilagine». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA