Lui & Lei, che dolore fa? Ecco come ciascuno attribuisce maggiormente le patologie al proprio genere

Lui & Lei, che dolore fa? Ecco come ciascuno attribuisce maggiormente le patologie al proprio genere
di CARLA MASSI
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Giovedì 13 Ottobre 2022, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 24 Febbraio, 16:56

Lei, depressa e stanca, è convinta di essere più malata di lui.

Mentre lui, triste e apatico, ripete di soffrire molto più di lei. Una comunicazione interrotta. Ognuno sente il suo dolore e ognuno crede di essere l’unico a star male. Un paradosso, dal momento che donne e uomini sono colpiti allo stesso modo da patologie mentali. C’è, però, una reciproca tendenza ad attribuirlo maggiormente al proprio genere di appartenenza. Come dimostra uno dei risultati dell’indagine Doxa per il Festival della Salute mentale Ro.Mens, che si è svolto a Roma nelle scorse settimane. «Il 60% degli uomini pensa che sia il sesso maschile quello più incline ad avere problemi dettati dallo stress, mentre il 40% lo attribuisce alle donne. D’altro canto, però, il 60% delle donne ritiene che sia il genere femminile a soffrirne di più. Questa contraddizione parla di una difficoltà di comunicazione» commenta Massimo Cozza, direttore del Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl Roma 2, guida del Festival contro stigma e pregiudizi. Un dato, quello rilevato dalla Doxa, che nasce dalla convinzione (errata) di lei e di lui di svolgere una vita più stressante rispetto all’altro sesso.

La popolazione dai 18 ai 44 anni con un livello d’istruzione più alto, però, sembra riconoscere che il maggior disagio mentale ricade sulle donne. Un riconoscimento assolutamente minore, invece, arriva dalla popolazione tra i 45 e i 65 con un livello d’istruzione medio e basso. Stesso disagio, dunque, ma con caratteristiche diverse. In particolare, le donne risultano più vulnerabili rispetto a diagnosi di sindrome ossessiva compulsiva, somatizzazione di problemi mentali e attacchi di panico. Gli uomini, invece, sono più esposti a disordini di personalità antisociale e all’abuso e dipendenza dall’alcol. I decessi per suicidio sono nettamente superiori tra gli uomini. Diversa, tra lui e lei, è la richiesta di aiuto. La donna è più propensa a rivolgersi al medico rispetto all’uomo. L’uomo tende a farsi curare solo quando ha sintomi più acuti. Difficile dire se dipenda da una maggiore tolleranza degli uomini oppure se influiscano fattori culturali che rendono più difficile all’uomo ammettere certe disturbi avvertiti come debolezze. Questo, ovviamente, comporta delle conseguenze: le forme più gravi che vengono trattate in fase acuta sono più frequenti negli uomini, perché le donne si curano con maggiore attenzione. «Un fattore che rende le donne più vulnerabili alla depressione – fa sapere lo psichiatra Claudio Mencacci, co-presidente della Società italiana di neuropsicofarmacologi – è la loro maggiore capacità comunicativa, che consente di trasmettere le emozioni e chiedere aiuto più facilmente. Questo determina una differenza di manifestazioni della depressione negli uomini e nelle donne. Grazie alla maggiore capacità di chiedere aiuto, le donne accedono di più alle cure, anche perché nel genere femminile lo stigma, i luoghi comuni e i pregiudizi hanno un peso minore». Certo è che donne e uomini ricordano in maniera differente. Ce lo dimostra anche la vita quotidiana quando un lui e una lei si misurano in fatto di memoria. Due mondi lontani. Oggi abbiamo la dimostrazione scientifica: uno studio coordinato dall’Istituto di biochimica e biologia cellulare del Cnr e dal Telethon Institute of Genetics and Medicine di Fondazione Telethon, in collaborazione con altri Istituti del Cnr e pubblicato su Nature Communications. Alla base delle differenti capacità di memorizzazione tra maschi e femmine ci sarebbe un meccanismo cerebrale diverso per stabilire quante informazioni ricordare durante l’apprendimento spontaneo. «Abbiamo studiato, con una serie di esperimenti sui topi, i meccanismi biologici alla base di questo processo, in seguito alla scoperta casuale che i maschi e le femmine, quando vengono esposti al massimo numero di oggetti che possono memorizzare nel breve termine, ossia 6, il giorno successivo tendono a ricordarli in modo differente: i maschi li ricordano tutti, le femmine 4 – spiega Elvira De Leonibus, coordinatrice del progetto – Ci siamo chiesti perché le femmine pongano un limite in questo trasferimento di informazioni e quali sono i meccanismi che si attivano nel cervello.

Abbiamo scoperto che i maschi attivano di più l’ippocampo, la regione corticale deputata alla formazione delle memorie a lungo termine, mentre le femmine attivano maggiormente i nuclei della linea mediana del talamo, posta sotto la corteccia, in particolare il nucleo reuniens, una regione più antica del cervello».

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