La sfida nel deserto del professore Matteo Parsani: «Tremila chilometri in handkike per aiutare la ricerca»

Sulla sedia a rotelle per una lesione spinale, attraverserà l’Arabia Saudita: «Dimostrerò che le persone disabili possono fare tutto». Sarà telemonitorato da un centro di riabilitazione

Il professore Matteo Parsani attraverserà il deserto dell'Arabia Saudita in handbike
di Sergio Arcobelli
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Giovedì 14 Dicembre 2023, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 07:27

L'alba nel deserto dell’Arabia, il bagno nel Mar Rosso, il fascino antico di AlUla e i grattacieli di Riyad.

Meraviglie che tolgono il fiato a tutti: a chi cammina, come a chi non può camminare. Perché non c’è nessuna differenza. Ne sa qualcosa Matteo Parsani, professore di matematica applicata e scienze computazionali in Arabia al Kaust, King Abdullah University of Sciences and Technology. Parsani, 42enne bergamasco di Scanzorosciate, si appresta ad affrontare una sfida estrema dalla valenza sociale e scientifica. A sei anni dall’incidente che gli ha causato una lesione spinale incompleta percorrerà nel deserto ogni giorno 150 chilometri con l’handbike e il trike per oltre 3.000 chilometri. Con questo viaggio, che prende il nome di «Athar East to West» - athar in lingua araba significa «impatto positivo» - il “prof” intende accendere i riflettori sulle potenzialità dello sport, delle tecnologie e raccogliere fondi per i disabili con poche possibilità. «L’idea è venuta circa un anno fa - racconta Parsani - quando ho incontrato una bambina che aveva perso la famiglia e aveva una sorella in sedia a rotelle. Era una famiglia povera. Mi ritrovavo con una bicicletta da 20.000 dollari a girare per il campus e ho capito che dovevo fare qualcosa per gli altri, per chi non se lo può permettere. Vorrei essere un’ispirazione per le persone con disabilità fisiche, promuovendo valori come la speranza e l’autodeterminazione. Ho passato due anni bui dopo l’incidente in moto, sembrava che tutto fosse finito, in realtà sono tornato a sorridere. Spesso durante la giornata sono più felice adesso che prima. Perché ho rivalutato le priorità nella vita. Ho trovato tanti amici e un nuovo “papà”, che è Franco».

LE TECNOLOGIE

Franco è il dottor Molteni, direttore clinico del Centro di Riabilitazione Villa Beretta (Lecco) e dell’istituto di ricerca e innovazione. È a capo del team che telemonitorerà dall’Italia il professor Parsani nella sua sfida, che sarà molto di più di una semplice sfida sportiva. «Matteo mi ha parlato della sua volontà di compiere questa impresa - dichiara Molteni - abbiamo pensato che alla valenza sociale dovevamo affiancare quella scientifica». Matteo, infatti, oltre a uno staff di 16 persone che lo seguirà in camper nel suo viaggio coast to coast dell’Arabia Saudita sarà infatti accompagnato dalle tecnologie sviluppate dal Politecnico di Milano, dall’Istituto Villa Beretta di Costa Masnaga e dal Kaust. «Seguiremo Matteo nella sua impresa attraverso una maglietta sensorizzata intelligente in grado di rilevare la frequenza cardiaca e respiratoria, sia nell’esercizio fisico che nei momenti di riposo.

Grazie a delle patches sulla sua pelle - prosegue Molteni - saremo in grado di acquisire segnali elettrocardiografici per misurare il tasso di idratazione e sudorazione durante l’attività fisica. Un elmetto sensorizzato alimentato con pannelli solari misurerà il battito cardiaco e la temperatura corporea, indicherà quando sarà necessario fermarsi e reidratarsi. I dati saranno nel cloud per abbattere i problemi di distanza». Si parte il 17 dicembre da Damman, per poi attraversare il deserto, le città di Medina e La Mecca, fino a Gedda, prima di giungere il 16 gennaio al KAUST. È da giugno che Parsani si sveglia alle 3 di mattina per prepararsi a quello che sarà uno sforzo fisico e mentale. Pedalerà dalle 7 alle 8 ore nel deserto.

GLI ESERCIZI

 «La modalità di esercizio di Matteo non riguarderà solo le braccia, attraverso l’handbike - rivela Molteni - ma coinvolgerà anche gli arti inferiori con la trike, una bicicletta a 3 ruote in partenza motorizzata. Si tratta di un’alleanza terapeutica a vantaggio dell’esercizio per la salute. L’esercizio è un farmaco ed è stato definito il più importante che abbiamo a disposizione in questo momento. In medicina riabilitativa l’esercizio deve legarsi alla tecnologia: è il futuro. Il viaggio di Matteo può rappresentare un punto di svolta nel monitoraggio delle attività umane». Questo viaggio di speranza, come lo ha definito il protagonista, Matteo ha deciso di intraprenderlo anche per i suoi figli. «La mia primogenita Yara, che ha quasi 12 anni, mi ha visto camminare. Thomas invece ha 6 anni ed è nato due settimane dopo l’incidente, e per lui sono il papà che è in sedia a rotelle. Questa sfida è per dimostrare che papà è capace di fare qualcosa di grande, con uno sforzo fisico intenso. Yara ha seguito la mia storia, mi conosceva com’ero prima e mi conosce adesso. Sa quelle che sono le mie difficoltà e delle persone come me. È un po’ preoccupata, mi domanda: ce la farai, papà? Ci sono state mattine in questi mesi in cui mi chiedevo perché lo faccio. Dovevo decidere se svegliarmi e fare esercizi, oppure rimanere a letto e tornare a sognare. Ma lo devo a loro e a tutti quelli che mi stanno aiutando in questo viaggio. Non sono un supereroe, ma una persona normalissima. Affronterò questa sfida per dimostrare che anche le persone con disabilità possono fare tutto: magari in modo diverso, ma magari anche in modo migliore». 

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