Israele non è più isolata, appoggi in chiave anti Iran anche da Arabia Saudita e Giordania

Tel Aviv trova più alleati del previsto: in sua difesa anche Arabia Saudita e Giordania

Israele non è più isolata, appoggi in chiave anti Iran anche da Arabia Saudita e Giordania
di Mauro Evangelisti
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Domenica 14 Aprile 2024, 21:34 - Ultimo aggiornamento: 15 Aprile, 12:32

Dopo il massacro compiuto da Hamas il 7 ottobre, la durissima reazione di Israele nella Striscia di Gaza, che ha causato oltre 30mila morti, ha isolato Tel Aviv, tanto che anche il presidente americano Joe Biden nei giorni scorsi aveva posto un freno a Benjamin Netanyahu. La pioggia di oltre 300 missili e droni lanciati da Teheran contro Israele, per quello che è stato il primo attacco diretto iraniano contro lo Stato ebraico, va paradossalmente ad avvicinare i paesi dell’area a Tel Aviv, ad eccezione della Siria e di organizzazioni vicine all’Iran, come Hezbollah, Houthi e altre milizie.

LA SCELTA DI AMMAN

La Giordania, paese fedelissimo agli Stati Uniti, non ha esitato ad abbattere i droni iraniani quando hanno sorvolato il suo territorio, tanto che ieri Teheran ha minacciato direttamente Amman (scrive un’agenzia vicina alle Guardie rivoluzionarie: «La Giordania sarà il prossimo obiettivo se coopera con Israele»). Ma in realtà anche l’Arabia Saudita ha interesse a fermare l’Iran, nonostante negli ultimi mesi abbia sempre mantenuto un canale di dialogo. L’Arabia Saudita nello scorso decennio era alla guida della coalizione, di cui facevano parte anche gli Emirati Arabi, che nello Yemen ha combattuto contro gli Houthi, formazione sostenuta e foraggiata dall’Iran e che oggi minaccia e colpisce le navi mercantili che passano dal Mar Rosso. Su questo spiega il professor Kobi Michael, israeliano, ricercatore senior all’INSS, Institute for National Security Studies israelian: «Ormai per i sauditi è chiaro che i prossimi obiettivi dell’Iran possono essere loro.

D’altronde lo sono stati già nel 2019, quando droni iraniani hanno colpito le strutture della compagnia petrolifera Saudi Aramco. All’epoca furono solo 20 velivoli senza piloti. Ora le capacità distruttive di Teheran sono aumentate enormemente. Il ragionamento vale anche per Emirati Arabi e Giordania: stanno perdendo fiducia nella capacità di deterrenza degli Usa in chiave anti iraniana e capiscono che l’unico paese che lotta direttamente contro Teheran è Israele. Temono che l’Iran possa minare anche la stabilità dei loro regimi».

Un anonimo funzionario della famiglia reale saudita ha detto alla tv israeliana che «qualsiasi oggetto sospetto» che entra nello spazio aereo dell'Arabia Saudita «viene intercettato», riferimento al presunto ruolo del regno nell'abbattimento dei droni iraniani. Il funzionario ha anche attaccato l’Iran per aver «costruito una guerra a Gaza» per distruggere i progressi che stava facendo nella normalizzazione delle relazioni con Israele. Va ricordato che nel 2020 vennero siglati gli accordi di Abramo, che comprendevano Usa, Israele ed Emirati Arabi, che andavano a normalizzare le relazioni (successivamente interessarono anche il Bahrein). Il professor Luigi Narbone, direttore della Piattaforma Mediterranea presso la School of Government e professore all'Università Luiss Guido Carli, una lunga carriera diplomatica nell’Unione europea e alle Nazioni Unite, spiega: «La risposta del mondo arabo è stata di condanna all’attacco iraniano e abbiamo assistito anche a un fatto rilevante: la Giordania ha partecipato attivamente all’abbattimento dei droni quando sorvolavano il suo territorio. Va anche sottolineato che c’è forte preoccupazione in molte capitali della regione: temono che ciò che è successo con l’attacco iraniano contro Israele possa rappresentare l’inizio di una escalation difficilmente controllabile. Se ciò che dice il regime iraniano quando parla di fine dell’operazione è vero, significa che è stata calibrata una risposta sufficientemente visibile, che salvasse la faccia, ma che non causasse danni eccessivi. Però l’Iran ha dato anche una dimostrazione rilevante con l’azione dell’altra notte: ha dimostrato di potere colpire Israele. Ora molto dipende dal tipo di reazione che deciderà Tel Aviv».

RELAZIONI

Il professor Narbone ricorda che l’Arabia Saudita aveva guidato la coalizione nello Yemen contro gli Houthi, ma negli ultimi anni aveva anche tentato la strada dell’accordo e della normalizzazione dei rapporti con l’Iran. Teheran è espressione della componente sciita in un’area in cui i paesi arabi sono a maggioranza sunnita. «Ma quando parliamo di divisioni tra Teheran con il resto del mondo arabo - replica il professor Narbone - dobbiamo pensare maggiormente a logiche geopolitiche. Ciò che va ricordato è che prima del 7 ottobre, con il sostegno degli Stati Uniti, si stava andando a una normalizzazione dei rapporti tra Arabia Saudita e Israele. Questo risultato avrebbe avuto una portata storica e avrebbe di fatto consolidato un fronte anti iraniano nella regione. Ora tutto dipenderà dalla portata della ritorsione di Israele».

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