Salgono i casi di vaiolo delle scimmie in Italia. Ora sono 5. Il quinto, con caratteristiche cliniche e di trasmissione simili ai precedenti, è stato notificato oggi dall'Istituto Spallanzani di Roma ed è un italiano di ritorno dalla Germania, che si è recato in ambulatorio all'Inmi Spallanzani di Roma e ora è in isolamento a casa, seguito dai medici dell'Istituto. È quanto apprende l'Adnkronos Salute.. Ma «sono in corso gli accertamenti su altri casi sospetti». Si indaga inoltre sulle possibili cause della malattia trasmissibile. Secondo uno studio condotto in Portogallo, il virus sarebbe mutato già 50 volte rispetto al "ceppo originario" registrato in Gran Bretagna quattro anni fa. Aspetto che ha portato gli scienziati a ipotizzare che possa diffondersi come Omicron.
I casi sospetti in Sicilia
In Sicilia da qualche giorno è ricoverato al Policlinico di Palermo un uomo su cui si stanno facendo analisi per verificare se abbia il vaiolo delle scimmie.
Il possibile legame con le Canarie
I ricercatori dello Spallanzani hanno «completato la prima fase dell'analisi della sequenza del DNA del Monkeypox virus dei primi tre casi italiani». I campioni risultati postivi - rende noto l'Istituto- «sono stati sequenziati per il gene dell'emoagglutinina (HA), che consente l'analisi filogenetica». I campioni sono tutti risultati affini al ceppo dell'Africa Occidentale «con una similarità del 100% con i virus isolati in Portogallo e Germania». «Potremmo essere anche in Italia di fronte a un virus »paneuropeo«, correlato con i focolai in vari paesi europei, in particolare quello delle Isole Canarie», sottolinea l'Istituto.
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Il virus è mutato?
Il vaiolo delle scimmie potrebbe aver assunto una maggiore capacità di trasmissione uomo-uomo? Lo ritiene improbabile il virologo Pasquale Ferrante, professore alla Temple University di Philadelphia negli Usa, direttore sanitario e scientifico dell'Istituto clinico Città Studi di Milano. «Prima di ipotizzare cambiamenti nel genoma del virus e nelle sue molecole di superficie, direi che bisogna aspettare, e molto», ammonisce l'esperto in un'intervista all'Adnkronos Salute. E in effetti, secondo le prime analisi condotte dall'Inmi Spallanzani di Roma sulle sequenze virali dei pazienti italiani, i virus sono «tutti risultati affini al ceppo dell'Africa Occidentale».