Referendum, ancora sette giorni di insulti e di spread

Referendum, ancora sette giorni di insulti e di spread
di Marco Conti
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Lunedì 28 Novembre 2016, 15:13 - Ultimo aggiornamento: 19:29
ROMA Ultima settimana di campagna elettorale e ultimi sette giorni di insulti e contumelie. Tutti i big sono in campo insieme ad una pattuglia di reduci e di ex che promettono - senza crederci molto - di tornare in panchina dopo il 4 dicembre. 
Le due parti hanno finito gli argomenti e si vede. D'altra parte dividersi tra un Sì o un No è semplice e offre meno spunti di una campagna elettorale per l'elezione di un sindaco o di un governo. E così in tv i rappresentanti delle due parti annaspano mentre gli scenari più catastrofistici sul dopo voto si concentrano sulla vittoria del No. La sconfitta del Sì, ed ovviamente di Matteo Renzi, è più divertente da immaginare e non solo per i giornalisti.
 Sarà la settimana dello spread, delle borse e delle società di rating. Qualcuno griderà al complotto, ma come abbiamo avuto modo di sperimentare nel 1985, nel '92 e nel 2011,  con i mercati occorre fare i conti, e non solo coloro che hanno cospicui conti in banca. Sostenere però che otto banche salterebbero se dovesse vincere il No, come sostenuto dal Financial Times, appare azzardato.
 
«La politica economica non può essere scritta o disegnata da quello che leggiamo ogni giorno sui giornali, anche perché i giornali, tra edizioni della sera, cartacee, on-line, cambiano tre volte al giorno», spiega il segretario generale dell'Ocse,Angel Gurria. 
Serve «una bussola per orientarsi e sapere cosa fare nei prossimi anni. Quello che conta sono le riforme strutturali», sostiene Gurria. Il Financial Times viene annoverato tra gli avversari della riforma come «la prova dell'ingerenza delle lobby», sostiene Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana). Mentre l'Economist che spinge per il No «così l'Italia avrà un nuovo governo tecnico che farà le riforme», viene accusato dai sostenitori del Sì come il portavoce delle stesse lobby che hanno voluto la Brexit.
L'esito della consultazione italiana avrà conseguenze sulle elezioni francesi e tedesche del prossimo anno e sul percorso della Brexit. Tra gli effetti della globalizzazione c'è anche questo è il progressivo espandersi del populismo lo dimostra così come la crisi delle vecchie famiglie politiche.
A rivendicare il format è Nigel Farage, leader dell'Ukip, il partito euroscettico che ha vinto in referendum britannico «Renzi domenica probabilmente perderà» e «noi siamo stati fonte di ispirazione anche in altri paesi».  Per Farage il trionfo della Brexit al referendum britannico sull'Ue del 23 giugno, ha avuto effetto di trascinamento in favore di Donald Trump alle presidenziali Usa e ora potrebbe continuare con il risultato del referendum italiano di domenica sulle riforme costituzionali e con l'elezione del successore di Norbert Hofer nel ballottaggio in Austria.
 
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