Burbero ma buono, soprattutto il suo caffè era speciale. “Torpigna” piange Guido Gagliardi “baffo” classe 1951. Certe persone come lui, in un quartiere, possono diventare iconiche come un monumento o una piazza. Nativo abruzzese (di Tagliacozzo) trentasei anni fa al civico 43 di via di Torpignattara aveva aperto il Gran Caffè Hawaii dopo avere lavorato come giovane direttore al Sant’Eustachio vicino al Pantheon. E da allora fare colazione da lui era diventato un appuntamento immancabile per molti. Se ne è andato in punta di piedi, inaspettatamente, lasciando sgomenti amici e clienti ora stretti nel dolore dei parenti. Si è sentito male la mattina del 30 ottobre scorso, aveva ingerito una pillola di integratori che non era riuscito a deglutire e la figlia, Roberta, aveva deciso di portarlo in ospedale, al San Giovanni. Dove è morto, però, l’indomani mattina in circostanze ancora tutte da chiarire tanto che i familiari hanno presentato una denuncia al commissariato del Celio.
Guido Gagliardi, il giallo sulla morte
Domani la pm Giulia Guccione conferirà l’incarico al medico legale per l’autopsia e solo dopo, ottenuto il nullaosta, potranno celebrarsi i funerali nella chiesa di San Leone I.
La storia del barista di Torpignattara
Dopo essersi trasferito a Roma da bambino, Guido inizia a lavorare al Sant’Eustachio, il prestigioso bar del Centro: qui, appena 18enne, è nominato direttore e inventa la formula del “gran caffé”. «Mio padre poteva sembrare un po’ burbero ma aveva un cuore d’oro - ricorda la figlia Roberta - la sua vita erano la famiglia, il locale e i suoi clienti». Quella ricetta ebbe un grande successo presso la clientela che vantava anche artisti importanti, «molti dei quali - aggiunge Roberta - gli offrirono soldi per commercializzarla ma papà disse sempre no». In una vecchia foto si vede il segretario Usa Henry kissinger bere il suo caffè. Il trasferimento a “Torpigna”, avviene alla fine degli anni ’80. Ha inizio l’epopea del “caffè da Guido”, che attraverserà più di una generazione e attirerà quegli attori e cantanti che per continuare ad assaporare quell’aroma speciale, transiteranno per il suo bar. Anche se dietro al bancone non ci sarà più quell’uomo baffuto, i clienti non dovranno dire addio al loro rito: «Insieme a mia madre Rosalba e alle mie sorelle Katia e Aurora, continueremo a gestire l’attività nel ricordo di papà». Quel papà che tutte le mattine andava a lavorare a piedi partendo dalla sua casa nei pressi di Largo Preneste e che continua a ricevere saluti affettuosi. «Una persona unica con quel baffetto sorridente», ricorda Paola sulla pagina social di quartiere. «Diceva sempre che voleva andare in pensione ma poi era sempre lì», incalza Ginè. E per i cuccioli al guinzaglio di Katiusha che passava ogni mattina al bar «era puntualmente pronto a sfamarli con cornetto e ciambellone».