Le scritte sui muri, lo spirito di un popolo

di Mario Ajello
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Domenica 29 Novembre 2015, 00:00 - Ultimo aggiornamento: 15 Febbraio, 09:48
«Isis, Roma nun se tocca, pijateve ’a Lazzzioooo. Scritta comparsa su un muro». @romaStorytell Ora un po’ di scritte le stanno cancellando dai muri romani, in vista del Giubileo. Ed è bene che sia così, perché molte di esse imbruttiscono la città. Ma altre la impreziosiscono con gusto e simpatia. Ce n’è una a piazza Indipendenza che dice: «Via i veneti da Roma».

Che cosa significherà mai? Boh! Ma incuriosisce e fa pensare. E’ lo sfogo di un quirita che si è visto portare via la donna amata da un tizio di Chioggia o di Conegliano? E’ la protesta di un impiegato del catasto romano contro il capoufficio d’origini trevigiane? O chi l’ha scritta magari ce l’ha con il veneziano Renato Brunetta o con un ladro che gli ha rubato il motorino e al posto della Vespa gli ha fatto trovare una gondola? Divertono e fanno pensare le scritte sui muri.

Una, profonda, esistenzialista, stupenda, dice così: «The life was beautiful before Adam and Eva». E quella che fa il verso al titolo («Pensavo fosse amore invece era un calesse») di un film di Massimo Troisi del 1991? «Pensavo fosse amore e invece era una zo...». Sublime. Paragonabile a quella dicitura che comparve nello striscione dei tifosi del Napoli comparso anni fa allo stadio di Verona: «Giulietta era ’na zoccola».

«Lorgoglio non serve», si poteva leggere fino a qualche tempo fa sui muri romani. Compresa la correzione: «Ma l’apostrofo sì». Sostiene Gigi Proietti: «Le scritte sui muri sono forse le poche cose rimaste a ricordarci lo spirito di un popolo». Vero. E basterebbe cancellare quelle brutte.

mario.ajello@ilmessaggero.it