Rabbia popolare: da Marino a Mannarino

di Mario Ajello
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Sabato 25 Luglio 2015, 23:45 - Ultimo aggiornamento: 26 Luglio, 00:00
"Tu lo senti Mannarino?".



@neodie




Certo che sí. Ed é un grandissimo. Ha preso il cuore di questa città e speriamo che se lo tenga a lungo, perché di questi tempi Roma ha bisogno di qualcuno che la accarezzi, la coccoli e le dia una speranza almeno poetica. L’altra sera, durante il suo concerto magnifico all’auditorium, a un certo punto é partito un grido dalla folla: «Mannarino sindaco de Roma!».



Da Marino a Mannarino? Non si badi all’assonanza, questa sarebbe una dissonanza. Perché Mannarino, sindaco o non sindaco, sostituto o no di sor Ignazio, rappresenta quella romanità popolare e romanesca, un po’ caravaggesca e un po’ pasoliniana, antropologicamente anti-algida ma non illusionista, che piace al sentimento delle persone. E nelle sue canzoni, dedicate agli umiliati e offesi (proprio come sono oggi i cittadini di questa città che potrebbero tutti ritrovarsi nel “Bar della rabbia”), c’è quel senso del riscatto, che mai come oggi servirebbe a Roma come un doping per ritrovare l'orgoglio e per risalire la china. Mannarino sindaco immaginario ristabilirebbe la connessione sentimentale.

Romperebbe quel muro di incomunicabilità che si é venuto a stabilire tra la politica e la gente. La quale adesso, “tra baracche e sfacelo”, si trova nella condizione del “Pagliaccio”, una delle canzoni più belle del nostro eroe: «Se io me metto a piange’/ s’allagherebbe tutta Roma». Mannarino, daje!

mario.ajello@ilmessaggero.it