Bellini e Prokof'ev hanno la meglio a Martina Franca. Al Festival della Valle d’Itria i titoli che hanno colto nel segno sono stati “Beatrice di Tenda” eseguita in forma di concerto a Palazzo Ducale e "Il giocatore".
L’eroe di Bellini è stato il direttore d’orchestra, Michele Spotti, classe 1993. Chiamato in extremis pochi giorni prima della “prima” per sostituire Fabio Luisi – risultato positivo al Covid - Spotti ha dimostrato di essere un signor musicista, capace di portare a casa una concertazione sicura e convincente, in particolare nella seconda parte dell’opera.
Opera non certo paragonabile a “Norma” e “Puritani”, “Beatrice” si esegue raramente ma contiene elementi interessanti, anche se per la sua drammaturgia avrebbe trovato maggior giovamento un allestimento scenico. Tra i cantanti ha spiccato su tutti Giuliana Gianfaldoni nel ruolo del titolo. La sua è una voce limpida, elegante, capace di realizzare sfumature anche nel registro acuto. Biagio Pizzuti ha risolto molto bene la parte del perfido Filippo Maria Visconti, mentre sono stati mento convincenti Theresa Krontahaler (Agnese) e Celso Abelo (Orombello).
La serata ha visto anche il festeggiamento per Grace Bumbry, protagonista di una storica “Norma” martinese nel 1977, che ha ricevuto il Premio Celletti dalle mani di Franco Punzi, presidente della Fondazione Paolo Grassi.
Sempre alla caccia di repertori poco frequentati, il Festival – diretto da quest’anno da Sebastian Schwarz – ha proposto “Il giocatore” di Prokof’ev, ispirato all’omonimo romanzo di Dostoevskij. L’opera è stata presentata nella versione in francese del 1929. Qui tutto ruota intorno al gioco come malattia: la scena, firmata da Leila Fteita è occupata da una grande roulette e i costumi ricordano il futurismo russo.
Molti erano i motivi d’interesse per la nuova produzione del “Xerse” di Cavalli, presentato per la prima volta nell’edizione critica curata da Sara Elisa Stangalino e Hendrik Schulze. L’opera, che debuttò a Venezia nel 1655, ebbe una notevole circolazione in Italia e in Francia, e il suo libretto un successo duraturo, tanto da essere messo in musica da Haendel nel 1738.
A Martina Franca l’opera è stata proposta nel rinnovato Teatro Verdi, con la regia di Leo Muscato, le scene di Andrea Belli e i costumi di Giovanna Fiorentini. L’idea centrale del regista è stata quella di sottolineare (troppo) il lato comico del complicato intrigo e usare uno stratagemma per mettere in evidenza gli “a parte” con un battito di mani da parte di chi canta. All’inizio la trovata funzionava, poi stancava e alla fine irritava. Altro tasto dolente è stata la recitazione: in “Xerse” la restituzione del testo e delle sue sfumature è essenziale. Qui non sempre è accaduto, e oltretutto i sovratitoli erano poco leggibili. L’Orchestra Modo Antiquo era affidata alle mani esperte di Federico Maria Sardelli. Cast disomogeneo, nel quale ha comunque svettato per qualità vocali ed attoriali il controtenore Carlo Vistoli nel ruolo del protagonista. Splendido il suo lamento “Lasciatemi morir, stelle spietate”.
Luca Della Libera