Avrebbero dovuto riaprire dal 18 maggio, sulla scia del dispositivo del Ministero dei beni culturali che scandiva la fine della quarantena per musei, biblioteche e archivi. Alcune grandi strutture nazionali ce la fanno, come la Biblioteca Centrale di Castro Pretorio, sotto l’egida del Mibact, altre realtà restano “congelate”. Ma la ripartenza non è facile. E nemmeno dietro l’angolo. Gli addetti ai lavori sono sul piede di guerra. «A Roma ne sono semiaperte 12 su circa 40, nei giorni martedì, giovedì e sabato mattina ma si fa di tutto per scoraggiare gli utenti». Con disposizioni molto restringenti: «si deve prendere un appuntamento per la restituzione dei libri presi in prestito prima del lockdown e poi un altro per la consegna dei libri prenotati online. Niente contemporanea restituzione e consegna (che avverrebbe comunque entrando uno alla volta)».
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E ancora, «Alla faccia della recentissima legge per la promozione della lettura che ha previsto un incremento di fondi per le biblioteche, anche la giunta Raggi ha incrementato il fondo per le biblioteche comunali, peccato che gli utenti non possano usufruirne. Si scoraggia l’utente o comunque se ne limitano fortemente gli accessi, così si arriverà alla pausa agostana con molte biblioteche probabilmente ancora chiuse e forse si riaprirà a settembre». Un problema già salito all’attenzione dell’amministrazione grillina.
L’8 giugno è stata convocata una Commissione Cultura proprio sul nodo delle biblioteche: «Dobbiamo far rientrare i servizi culturali tra quelli essenziali e riaprire i battenti delle Biblioteche di Roma ancora chiuse - ha dichiarato la presidente Eleonora Guadagno - Ad oggi con orari e servizi limitati sono state aperte 12 sedi su 39, con l’obiettivo di arrivare a 15, una per Municipio.
Tra gli ostacoli da superare, alcune condizioni legate alla pulizia e alle dimensioni dei locali, alla gestione degli ingressi e degli spazi, nonché alla collocazione del personale in smartworking. Con gradualità e ponendo la sicurezza come elemento prioritario, riteniamo che si possano studiare soluzioni, anche tramite l’utilizzo di strumenti tecnologici come le app, che possano consentire la ripresa delle attività, senza creare assembramenti o mettere a repentaglio la salute di utenti e dipendenti».
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