La tomba dello scultore Giacomo Manzù lascia Ardea. I cittadini: «Un'offesa»

La tomba di Giacomo Manzù lascia Ardea. I cittadini: «Un'offesa»
di Stefano Cortelletti e Laura Larcan
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Sabato 30 Gennaio 2021, 15:24 - Ultimo aggiornamento: 15:44

Giacomo Manzù lascia Ardea. Il grande scultore, scomparso trent'anni fa, non è più sepolto nel giardino del suo storico museo. Ieri all'alba è stato aperto il sacrario all'ombra delle grandi sculture di bronzo: il corpo è stato rimosso e portato a Castel Volturno per la cremazione. Le ceneri saranno tumulate oggi nella casa di famiglia, ad Aprilia, sede dell'omonima fondazione, accanto a quelle della moglie Inge Schabel, scomparsa nel 2018. È l'epilogo di una lunga vicenda, tra affetti di famiglia, carte giudiziarie, rivalità tra Comuni e orgoglio cittadino. Non a caso si erano mobilitate ben dieci associazioni decise a impedire lo spostamento della salma con una petizione di diecimila firme inviata al Capo dello Stato e un esposto in procura. «In questa vicenda ci perdono tutti sostiene Giacomo Castro di Latium Vetus Manzù continuerà a riposare tramite le sue opere nel museo». «Manzù voleva stare ad Ardea, è scritto sul testamento», tuona Giosuè Auletta, presidente del comitato Pace per Manzù.
In effetti, sulle ultime volontà dello scultore si legge: «Alla mia morte desidero essere sepolto nel terreno circostante la casa dove abito in Ardea». È stato il commissario ad acta a chiarire l'equivoco: «Il riferimento è frutto di una errata convinzione del Maestro in merito alla pertinenza comunale della sua abitazione». Negli anni 60, quando lo scultore bergamasco comprò il terreno di venti ettari per costruire la propria casa, il noto Colle Manzù, l'area faceva parte del Comune di Ardea, poi, anni dopo, è rientrata nei confini di Aprilia. I figli Giulia e Mileto nel 2019 avevano chiesto al Comune l'autorizzazione al trasferimento della salma. L'amministrazione si era dichiarata incompetente, perché la sepoltura nel museo era stata ottenuta nel 1992 grazie a Giulio Andreotti e a monsignor Donato De Bonis. «Spetta allo Stato», asseriva il sindaco pentastellato di Ardea Mario Savarese. La famiglia si era dunque rivolta al Tar, che aveva incaricato un commissario. Accertato il diritto dei figli, è arrivato il nulla osta lo scorso agosto. Ieri mattina, la parola fine. Giulia non nasconde la sua emozione: «L'unica cosa che mi rende felice in questa triste vicenda è quella di avere i miei genitori insieme nella loro casa».

 

Il ricordo


Il rapporto di Manzù con Ardea è degno di un romanzo. «Manzù, nato a Bergamo, ha vissuto tra Parigi, Milano e Salisburgo, dove negli anni 50 conobbe Inge, ballerina e modella per l'accademia di Belle arti.

Insieme si trasferirono a Roma, dopo aver intrecciato rapporti col Vaticano» racconta Giuseppina Di Monte, dal 2015 alla guida del Museo Manzù di Ardea. Galeotta fu una gita fuoriporta sul litorale. La sua presenza qui fu un punto di riferimento. Soprattutto quando aprì, nel 1979, il Museo. «Manzù aveva una personalità esuberante e calorosa - spiega la Di Monte - In virtù del suo retaggio di cultura popolare - il padre faceva il calzolaio, era stato un autodidatta, formatosi da solo su letture di classici, arte e cinema - era riuscito a coinvolgere gli abitanti di Ardea, dal panettiere al droghiere. Era uno che si intratteneva con le persone più diverse, intellettuali, politici, gente comune». Non mancano aneddoti: «Quando andava al bar eseguiva uno schizzo e lo regalava, o magari invitava il panettiere nel suo studio e gli regalava un oggetto», avverte Di Monte. Sono rimasti in pochi oggi testimoni diretti di quel grande scultore. Per questo il Museo lancia il progetto di indagine antropologica sul territorio: «Un gruppo di studio realizzerà interviste con le persone per indagare il valore della memoria di Manzù».

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