Cure fasulle per i rimborsi, imbroglio milionario: dai vertici Ini buco da 10 milioni (lucrando anche sui malati di tumore)

Sotto accusa anche i titolari, Cristopher e Jessica Faroni, con altre nove persone

«Cure fasulle per i rimborsi». Il pm: processate i vertici Ini. Alla clinica di Grottaferrata contestata truffa da 10 milioni
di Michela Allegri
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Giovedì 20 Luglio 2023, 00:34

Un imbroglio milionario alla Regione Lazio e alla Asl, lucrando anche sui malati di tumore. Il buco che i vertici dell’Ini, l’Istituto neurotraumatologico italiano - casa di cura e centro diagnostico di Grottaferrata - hanno scavato nelle casse pubbliche supera ampiamente i 10 milioni di euro, incassati con rimborsi illegittimi, ottenuti gonfiando le prestazioni eseguite e facendo figurare nelle cartelle cliniche dei pazienti interventi mai svolti e chemioterapie mai effettuate. Ora, con accuse che vanno dal falso alla truffa, 11 tra proprietari, amministratori e dirigenti medici rischiano di finire a processo. La Procura di Velletri, con il pm Vincenzo Antonio Bufano, ha firmato una richiesta di rinvio a giudizio nei loro confronti e il gup ha fissato la prima udienza preliminare: sarà il 24 novembre.

I PROPRIETARI

Tra gli imputati, i titolari: l’ex direttore generale Ini, Cristopher Simone Lucano Faroni, attualmente consigliere di amministrazione, e Jessica Faroni, direttrice generale del gruppo Ini dal 2012 al 2017, e da oltre 15 anni presidente dell’Aiop Lazio, l’Associazione dell’Ospedalità Privata. A rischio processo, tra gli altri, anche Giovanni Tavani, ex direttore amministrativo, gli ex direttori sanitari Enrico Rosati e Michele Di Paolo, la presidente del consiglio di amministrazione e legale rappresentante della società dal 2003 al 2019, Nadia Proietti, Manuela Mizzoni, dirigente e addetta alle procedure di accreditamento.

E ancora: l’ex responsabile del raggruppamento di Oncologia, il responsabile dell’unità operativa di Urologia, il responsabile della gestione dei dati sanitari. I fatti vanno dal 2012 al 2019, anno degli ultimi rimborsi ottenuti dalla Regione.

Dal 2012 al 2015, sarebbero stati chiesti rimborsi per «procedure di iniezione o infusione di sostanze chemioterapiche» - si legge nel capo di imputazione - anche quando i pazienti avevano ricevuto una pasticca chemioterapica per via orale, procedura per la quale non era previsto nessun indennizzo. Le cartelle cliniche manomesse sarebbero centinaia: 209 nel 2012, 102 nel 2013, 115 nel 2014, 4 nel 2015. Gli ultimi pagamenti risalgono al 2016. Gli imputati avrebbero anche gonfiato il numero di accessi in Day Hospital. Per la Procura, inserendo i codici di intervento falsi, avrebbero determinato l’attribuzione di un rimborso da 371 euro per ogni terapia: avrebbero ottenuto 170.323 euro, appropriandosi «illegittimamente dei farmaci somministrati ai pazienti», sottolinea il pm.
La parte mastodontica del raggiro, però, riguarda il reparto di Urologia, dove dal 2012 al 2017 sarebbero state manomesse migliaia di altre cartelle. Nello specifico: 352 nel 2012, 784 nel 2013, 375 nel 2014, 370 nel 2015, 445 nel 2016, 254 nel 2017.

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I DOCUMENTI

Nei documenti sarebbe stato inserito il codice 56.79, relativo all’intervento di Anastomosi, classificato come “Urologia chirurgica”. Prestazioni che, in realtà, non sarebbero state effettuate: al loro posto, sarebbe stato svolto un esame di tipo endoscopico, da classificare come procedura di tipo medico, con un rimborso previsto decisamente minore. Gli imputati avrebbero quindi ottenuto 7.137 euro, o 4.953 euro, per ogni singolo ricovero, mentre per l’esame svolto le tariffe dovute erano pari a 1.372 euro e 935 euro. In questo caso i fatti vanno dal 2012 al 2017, con rimborsi erogati fino al 2019. Non è tutto. La Proietti e Tavani avrebbero anche comunicato alla Regione - nel 2013 - di essere autorizzati e accreditati per 15 posti letto di “Urologia chirurgica”, «quando in realtà non vi era alcuna autorizzazione e accreditamento», sottolinea la Procura. Sarebbero anche stati effettuati più ricoveri rispetto a quelli autorizzati. In questo modo la Regione sarebbe stata ingannata sia sul tipo di interventi eseguiti, sia sulla possibilità di effettuare ricoveri. Il raggiro nel reparto Urologia è da 10.037.335 euro. Le cartelle artefatte sono addirittura 2.580. Sotto accusa anche l’Ini spa, per non avere adottato un modello organizzativo che impedisse e prevenisse le truffe.

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