Klebsiella, il batterio killer a Tor Vergata: 9 pazienti morti, 3 imputati per epidemia

Per i pm non sarebbero state adottate le procedure idonee a evitare i contagi

Klebsiella, il batterio killer a Tor Vergata: 9 pazienti morti, 3 imputati per epidemia
di Michela Allegri
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Sabato 7 Ottobre 2023, 01:04 - Ultimo aggiornamento: 8 Ottobre, 09:38

Non avrebbero preso le giuste precauzioni, contribuendo in questo modo alla diffusione di un’epidemia di Klebsiella nel reparto di Terapia intensiva del policlinico di Tor Vergata. Dall’1 giugno al 30 agosto 2017, su 47 pazienti ricoverati, 17 avevano contratto il batterio - pericoloso e resistente agli antibiotici - e 9 erano deceduti. Ora, per questa vicenda, 3 camici bianchi rischiano di finire a processo con l’accusa di epidemia colposa. Si tratta dell’allora direttore sanitario del policlinico, dell’allora responsabile dell’Unità operativa semplice dipartimentale di Terapia intensiva e del coordinatore infermieristico dello stesso reparto. L’accusa è di non avere adottato le misure idonee a impedire la diffusione del batterio.

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LA RICHIESTA

Nella richiesta di rinvio a giudizio formulata dall’aggiunto Giovanni Conzo e dal pm Carlo Villani, si legge che, «una volta avuto notizia della positività per Klebsiella pneumoniae in almeno un paziente del reparto», i dottori non avrebbero messo in atto tutte le azioni preventive necessarie a impedire la trasmissione dell’infezione, «omettendo di applicare le best practice sulla gestione del paziente, tra cui quella essenziale di porlo in isolamento da contatto».

Il direttore sanitario, per l’accusa, «pur prevedendo in astratto procedure conformi a quanto previsto nella circolare del ministero della Salute», non avrebbe adottato e fatto adottare «in concreto» le best practice sulla prevenzione delle infezioni da Klebsiella. In particolare, non avrebbe previsto tamponi obbligatori e l’isolamento dei pazienti infetti, e non avrebbe predisposto un documento condiviso con i collaboratori per controllare che venissero seguite le procedure. Inoltre non avrebbe effettuato un’indagine epidemiologica dopo avere riscontrato il contagio per 12 pazienti su 47 ricoverati nel reparto. Per l’accusa, gli indagati, con le loro omissioni, avrebbero concorso «a provocare l’epidemia».

A fare scattare l’inchiesta, la denuncia presentata dai familiari di due pazienti deceduti. Il primo, il 26 giugno 2017, era stato ricoverato per una polmonite con versamento pleurico. Il 15 luglio il medico di turno aveva comunicato alla famiglia che l’uomo aveva contratto un’infezione batterica che aveva compromesso i reni ed era stata necessaria una dialisi. Il 21 luglio, il decesso. Nel secondo caso, il paziente era stato ricoverato il 13 giugno 2017 per un trauma cranico provocato dalla caduta da un albero. Anche lui aveva contratto il batterio nel reparto di terapia intensiva ed era morto il 3 agosto.

L’ARCHIVIAZIONE

Per questa vicenda, la Procura aveva chiesto l’archiviazione: dalle indagini è emerso che i decessi non erano stati causati dall’infezione, ma dalle condizioni di salute già gravemente compromesse. Il gip, accogliendo la richiesta, ha però disposto nuove indagini e la formulazione di un capo di imputazione per quanto riguarda l’ipotesi di epidemia colposa. Nel decreto, il giudice ha sottolineato che diversi medici hanno dichiarato che i pazienti non erano stati messi in isolamento. Ha aggiunto che i consulenti hanno specificato che «in ogni struttura sanitaria devono essere disponibili e implementate procedure per l’attuazione dei principi di prevenzione del rischio ambientale dovuto alla trasmissione delle infezioni, in quanto la diffusione dei microrganismi con resistenze multiple agli antibiotici può essere contrastata unicamente attraverso l’adozione rigorosa di precauzioni da contatto». Anche se, come sostenuto da un altro consulente del pm, «la Klebsiella è un batterio ospedaliero presente in tutte le terapie intensive e in tutti i reparti ospedalieri, difficile da debellare». Per il gip, si legge nel decreto, «sono emersi elementi necessari e sufficienti a sostenere l’accusa in giudizio», per quanto riguarda le condotte omissive. E ora i tre medici rischiano di finire a processo.
 

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