Roma, «mio figlio disabile per colpa del parto, dopo il processo condannata a pagare 300mila euro». Mamma Elena e lo sciopero della fame per amore di Mario

Il dramma infinito di Elena Improta: dopo 27 anni una sentenza pesantissima

Roma, «mio figlio disabile per colpa del parto, dopo il processo condannata a pagare 300mila euro». Mamma Elena e lo sciopero della fame per amore di Mario
di Fernando M. Magliaro
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Mercoledì 19 Luglio 2023, 07:13 - Ultimo aggiornamento: 20 Luglio, 09:45

Un parto che non è andato bene, un figlio con una gravissima disabilità, una causa civile durata 27 anni e ora condannata a pagare 300mila euro di spese legali. Questa è la vicenda di Elena Improta, mamma di Mario, un ragazzo di 34 anni che è nato con una gravissima forma di disabilità. Una disabilità che la mamma Elena attribuisce a errori avvenuti durante il parto. Errori che i giudici, però, non hanno ravvisato condannando Elena, dopo il lunghissimo iter giudiziario, a pagare 300mila euro.

Elena e Mario disabile, la vicenda

 

«Sono al quinto giorno di sciopero della fame e sono rientrata da poco», dice Elena scusandosi per essere stanca. «Esiste una verità ed è che 34 anni fa dalla cartella clinica è sparita un'ora e più di monitoraggio fetale. La verità è che Mario non spingeva, il parto non si apriva, che mi hanno "squartata" con le mani e saliti sopra in quattro per farlo uscire. La verità è che è stato messo in incubatrice e gli è stato somministrato l'anticoagulante, la verità è che era sin da subito ipertonico e non riuscivo a vestirlo, la verità è che al settimo giorno ha avuto le prime crisi di cianosi e poi epilettiche. La verità è che piangeva disperatamente. Al compimento dei 3 mesi è arrivata la diagnosi: non parlerà, non camminerà, non potrà studiare, lavorare. Avevo 26 anni ed è cominciata la nostra esistenza di diversità», racconta Elena che aggiunge: «La sentenza è definitiva. E io sono stanca. Sono passati 27 anni, accetto il verdetto giudiziario. Forse abbiamo avuto pessimi "consiglieri", ma tutti i medici interpellati, da subito ed ancora oggi con prove certe a livello diagnostico, hanno escluso qualsiasi forma di malattia rara, genetica, degenerativa.

Tutto ha portato ragionevolmente a confermare il nesso tra parto e sofferenza ipossico-ischemica (assenza di ossigeno), ma non il nesso di negligenza dei medici e della clinica. Erano altri medici, la clinica aveva un'altra proprietà e adesso dopo tre decenni sono stanca di cercare colpevoli».

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LA SANZIONE

Però, dopo il verdetto arriva anche il pagamento: 300mila euro «che io non ho (per assistere mio figlio ho dovuto rinunciare al lavoro), e non posso affrontare». Di qui, l'appello «alla azienda Villa Mafalda, alle assicurazioni, a tutte le contro parti: avete bisogno dei beni di una persona disabile? Volete veramente pignorare la casa destinata al durante e dopo di noi dove abitano persone adulte disabili, che hanno trovato lì una situazione di vita accettabile?».
La vicenda di Elena sta trovando solidarietà da più parti.

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«Elena mi ha raccontato la sua storia di coraggio e tenacia, in una battaglia che porta avanti da anni a tutela del diritto alla vita e al futuro di suo figlio affetto da tetraparesi spastica, in conseguenza del parto, anche attraverso l'associazione "Oltre lo sguardo" da lei fondata», spiega Andrea Catarci, assessore al Decentramento di Roma. «Dopo 27 anni di processo - aggiunge - le viene ora chiesto di pagare 300 mila euro: una spesa gigantesca e insostenibile. Siamo accanto a Mario e a Elena, che in queste ore ha iniziato lo sciopero della fame, perché l'integrazione e i diritti oltre a essere importanti nella dimensione della vita privata hanno altrettanta rilevanza per l'intera società e per innalzare il livello di civiltà».
 

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