Chiara Insidioso Monda, massacrata 10 anni fa e finita in coma: muove solo due dita. «E ora il suo ex sarà libero

La rabbia del padre: «Il suo è un ergastolo da innocente, capisce tutto e io impazzisco»

Chiara Insidioso, massacrata 10 anni fa e finita in coma: muove solo due dita. «E ora il suo ex sarà libero
di Raffaella Troili
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Domenica 3 Marzo 2024, 23:00 - Ultimo aggiornamento: 4 Marzo, 08:07

Non è morta Chiara, è questa la sua condanna. Prigioniera di un corpo, «il suo è un ergastolo a vita» ripete il papà, che a volte ammette di far fatica a guardarla negli occhi. Per questo il suo caso rischia di esser derubricato a femminicidio di serie B. Perché è sopravvissuta. Massacrata dal compagno dieci anni fa a Roma, era il 3 febbraio 2014, che ha infierito colpendola alla testa con scarpe da lavoro, dopo 11 mesi di coma si risvegliò passando a uno stato di minima coscienza, era morto Pino Daniele, la tv era accesa e lei riconobbe le note di una canzone dell’artista che amava. E sorrise. 
Ora come sta? Cosa resta della 19enne bella ed esuberante ridotta in fin di vita? A vederla sembra tornata una bambina acqua e sapone. Il suo volto, il suo sorriso è solo più vispo e presente, ma non si discosta dalle immagini diffuse dai genitori negli anni. Dimessa nel 2016 dalla clinica Santa Lucia, da tempo ormai è accudita nella clinica delle vite sospese, spezzate, “Casa Iride”. «Tutto quel che si poteva fare è stato fatto, lì è serena, va in una scuola per disabili, nel frattempo il suo quoziente intellettivo è migliorato, il corpo no, si può solo aiutarlo a non precipitare», racconta il padre Maurizio Insidioso Monda. Che ancora prova tanta rabbia. 

Chiara non si esprime, non ha la voce, i calci rabbiosi del suo carnefice Maurizio Falcioni, l’operaio all’epoca 35enne con cui viveva, hanno azzerato tutto. «È prigioniera del suo corpo, peggio di questo non ti può capitare in vita.

Dopo il trauma cerebrale ora muove due dita e così riesce a fare videochiamate in cui non parla, a scrivere sono triste o sono felice, a chiedere di sentire la musica su Youtube...». Poi improvvisamente si stanca, si assenta, ha dolori ma non sai capire subito dove. «E pensare che quello lì - condannato in Appello a 16 anni per tentato omicidio - a breve esce, tra anche meno di 6 anni è libero... mentre tu vedi lei che sta così, a vita: mia figlia è un morto che cammina, a volte mi sono detto se moriva era meglio, nessuna vittima di violenza è rimasta nel suo stato». O è stata uccisa o si è salvata. Chiara no, «il suo è un ergastolo da innocente, capisce tutto e io da genitore impazzisco».

LA RABBIA

Quando va a visitarla Maurizio non riesce a stare calmo. Gli monta la rabbia. «Se mi soffermo a guardarla provo troppa pena per lei, perché è cosciente, si intristisce, non so stare fermo così mi invento tante cose da fare in sua presenza. Non capisco, devo ammettere, i moti di pietà e perdono che molti genitori di altre vittime dimostrano di avere». 

LE DENUNCE

Dopo la brutale aggressione a Chiara, come pure è avvenuto di recente con l’omicidio di Giulia Cecchettin, molte donne furono spinte a denunciare abusi e violenze, prima che fosse troppo tardi. Resta la vita spezzata di Chiara, vittima di un femminicidio che l’ha condannata a vivere in una struttura dove sono ricoverate persone in stato vegetativo o di minima coscienza. Assistita h24, ormai di “casa”, tra coccole, abitudini e, anche, solitudine. La 29enne dal lunedì al sabato con un pulmino va al centro Alm di Settebagni, seguita da un servizio di neurologia, un fisioterapista, un educatore professionale, un logopedista e un operatore sociosanitario, con i suoi compagni di classe. Ma scalpita, immobilizzata su quella carrozzina, il corpo quasi del tutto inerme, solo la forza di sbattere, sorridere o impuntarsi a suo modo. La crudeltà del suo aguzzino e anche della vita: le ha fracassato il cranio, compromettendo tutto tranne il suo cervello, vitale e imprigionato. 
Anche la mamma Danielle Conjarts ha lottato come una leonessa per avere il meglio per la figlia. «Capisce, legge, sorride, sa usare tablet e smartphone», la sua battaglia per trovare sempre strutture migliori continua nonostante la “gestione” di Chiara sia negli anni passata a un amministratore di sostegno. Da anni va e viene per non lasciare sola Chiara, «una vittima scampata a un femminicidio, lei a scontare la pena».

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