Agguato a colpi di machete a Tor Bella Monaca, nigeriano arrestato in Islanda: è considerato un boss della droga

Durante il raid nel 2011 aveva quasi decapitato un connazionale

Agguato a colpi di machete a Tor Bella Monaca, nigeriano arrestato in Islanda: è considerato un boss della droga
di Flaminia Savelli
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Sabato 29 Aprile 2023, 07:23 - Ultimo aggiornamento: 30 Aprile, 12:06

In fuga per dieci mesi ed è diventato un fantasma. Gli investigatori sono ancora impegnati a ricostruire gli spostamenti di Osamende Iyoha, 43enne di origini nigeriane. Di certo c'è che l'ultimo periodo della latitanza l'ha trascorso a Suðurnes nella penisola di Reykjanes, a sud dell'Islanda. Dove è stato rintracciato, fermato ed estradato a Roma per scontare la condanna definitiva a otto anni e 4 mesi per tentato omicidio. Intanto mettiamo indietro le lancette dell'orologio alla notte del 3 aprile 2011 quando, insieme ad altre dieci persone, ha teso unimboscata alla vittima in via Angelo Marabini a Tor Bella Monaca. Con i complici, ha selvaggiamente picchiato un connazionale preso a colpi di machete quella stessa notte finito nel reparto di rianimazione del policlinico Tor Vergata con la testa quasi mozzata. Come hanno confermato le indagini dei carabinieri, in quei mesi nel quadrante est della Capitale si era scatenata una guerra tra bande per la spartizione dello spaccio di droga degenerata in raid e blitz tra le bande criminali. Non solo: Iyoha sarebbe stato il boss di uno dei gruppi nigeriani rivali. In una manciata di ore i militari della compagnia di Frascati avevano poi chiuso il cerchio delle indagini intorno al pestaggio di via Angelo Marabini trovando gli aggressori nascosti in un covo nella Borgata Finocchio. Gli investigatori durante la maxi operazione di cattura, avevano trovato anche i bastoni, una mazza da baseball, una catena, un coltello, un fodero in tela per machete, e parti di bottiglie rotte. Le armi utilizzate durante il pestaggio. Per tutti erano scattate le manette e l'arresto.

LA FUGA
Insieme ai complici dunque, Iyoha era finito in carcere. Fino a luglio del 2022.
Dopo un periodo di detenzione, era stato scarcerato per scadenza dei termini di custodia cautelare.

La fuga del boss nigeriano inizia qui. I militari non appena hanno scoperto l'assenza dello straniero hanno fatto scattare l'allarme. Per oltre dieci mesi gli investigatori della Compagnia di Frascati, tramite il servizio di cooperazione internazionale di polizia, hanno seguito le tracce lasciate dal fuggitivo. La scorsa settimana sono stati gli agenti della "Lögreglan á Íslandi", la polizia islandese, a trovarlo. Lo hanno riconosciuto durante un regolare controllo nella regione di Suðurnes a una manciata di chilometri dalla città di Keflavík.

Per il fuggitivo sono quindi scattate le manette ed è stata subito avviata la procedura di estradizione. Venerdì pomeriggio - il 21 aprile - i carabinieri della stazione di Tor Bella Monaca, insieme agli agenti della polizia di Frontiera, hanno poi arrestato il 43enne nello scalo romano di Fiumicino. Dall'aeroporto Leonardo da Vinci è stato direttamente trasferito nel carcere di Civitavecchia come disposto dall'Autorità Giudiziaria. Una lunga fuga dunque di cui ora dovrà rispondere in tribunale.

LE INDAGINI
Le indagini degli investigatori non sono però ancora chiuse. I militari sono infatti impegnati a ricostruire gli spostamenti del 43enne. Nel mirino ci sono soprattutto possibili complici, i contatti, che lo avrebbero aiutato a lasciare il Paese. Non è stato ancora chiarito come abbia fatto a superare i confini italiani e poi a raggiungere l'Islanda.

Ancora: il sospetto è che durante i dieci mesi di latitanza abbia inoltre potuto contare sui contatti stretti in Nigeria - tra il 2010 e il 2022- per il traffico di stupefacenti. Già durante le indagini del massacro di via Marabini a Tor Bella Monaca, i carabinieri accertarono che Osamende Iyoha non fosse un semplice gregario nella guerra tra bande rivali per le piazze dello spaccio nella Capitale. Era di certo tra i capi incaricati di gestire i fiumi di cocaina ed eroina in arrivo dall'Africa.

Ecco perché per chiudere il cerchio delle indagini, sarà necessario dare un volto e un nome ai complici che hanno coperto la fuga di Iyoha e favorito la latitanza nella regione islandese di Suðurnes.
 

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