Roma, l'untore hiv contagiò una donatrice di sangue

Roma, l'untore hiv contagiò una donatrice di sangue
di Adelaide Pierucci
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Venerdì 15 Gennaio 2016, 09:29 - Ultimo aggiornamento: 16 Gennaio, 14:51


Non tutte hanno il coraggio di ammettere di essere state infettate dall'untore. Per scovare le vittime di Valentino T. - l'impiegato romano di trent'anni finito in carcere per lesioni gravissime plurime perché taceva la sua sieropositività e pretendeva pure rapporti non protetti - gli inquirenti stanno analizzando i tabulati telefonici. Da giorni il pm Francesco Scavo ha delegato indagini mirate sul cellulare dell'uomo, sulla rubrica, sulle chat in cui cercava in continuazione nuove partner. Perché ormai la procura si trova di fronte a una emergenza: conoscere la portata del “contagio” e tentare di limitarne il più possibile i danni. Dalle indagini finora svolte è emerso che Valentino T. in nove anni avrebbe contagiato 31 donne, non solo quindi le sei contestate nell'ordine di cattura. Delle 41 donne sentite dagli investigatori della Polizia di stato interna a piazzale Clodio è emerso che, solo dieci di loro, nonostante la relazione con l'uomo sarebbero scampate al pericolo. E le vittime stesse in questi anni potrebbero a loro volta aver propagato il virus, in una spirale senza fine. Alcuni casi sono già stati accertati.
L'INCUBO
Sembra ormai scartata l'ipotesi iniziale, che l'impiegato col pallino del sesso, non parlasse del virus per noncuranza. Anzi si sta facendo sempre più largo la convinzione che mietesse vittime per sfregio, tessendo convivenze e tradimenti, fidanzamenti, flirt e rapporti a tre. Come un vendicatore, un untore seriale. Ogni giorno nuove donne lo accusano. Ieri una donatrice di sangue rintracciata dagli investigatori. «Ho scoperto di essere positiva all'hiv questa estate, a luglio», ha raccontato, «Ho donato il sangue, ho precisato di non essere malata e di non avere avuto rapporti a rischio. A sorpresa invece ho ricevuto la lettera in cui, effettuate le analisi sui miei campioni, veniva attestata la sieropositività. Il mio sangue non poteva essere donato. È stato un incubo. Poi a dicembre ho letto il caso dell'arresto di Valentino T., e ho avuto i brividi quando ho capito che si trattava dello stesso ragazzo con il quale nell'autunno del 2008 avevo avuto una breve storia». «Era galante, cortese. Un ragazzo distinto, perbene», ha raccontato un'altra vittima, «Amava il sesso naturale, senza precauzioni. E visto che eravamo giovani e senza vizi mi sembrava bello così». Invece l'impiegato covava il suo segreto. Un segreto mai rivelato e che aveva appreso nel 2005 quando sottoponendosi a degli esami nell'ospedale Spallanzani aveva avuto il triste responso. Aveva 21 anni, l'età media delle vittime.
 
IL DOLO
La bulimia sessuale, il disinteresse per le cure retrovirali, il fatto di tacere sulla sieropositività e soprattutto la ferma richiesta di preferire rapporti più appaganti, senza profilattico, potrebbe quindi presto portare all'aggravamento delle contestazioni a suo carico. Già ventilate nell'ordine di cattura. «Sulla scorta del quadro tratteggiato», aveva scritto il gip, «l'ipotesi del dolo eventuale appare persino una prospettazione favorevole al responsabile, in rapporto ad elementi che potrebbero far pretendere per scenari motivazionali ben più inquietanti, meritevoli di futuri approfondimenti».