Unindustria, il presidente Stirpe
«Acea non è una mucca da mungere»

Unindustria, il presidente Stirpe «Acea non è una mucca da mungere»
di Fabio Rossi
3 Minuti di Lettura
Sabato 22 Marzo 2014, 11:40 - Ultimo aggiornamento: 23 Marzo, 13:46
L’amministrazione pubblica, se vuole gestire aziende deve farlo come un qualsiasi imprenditore privato, senza far pagare le perdite e i costi della cattiva gestione ai cittadini e ai clienti, perch non pu avere la botte piena e la moglie ubriaca.

Maurizio Stirpe, presidente di Unindustria, ha idee molto precise su come far cambiare passo all’arcipelago delle partecipate del Campidoglio, chiedendo un piano di «privatizzazioni e liberalizzazioni» delle imprese comunali, per le quali la politica «deve fare un passo indietro» nella gestione. Con attenzione particolare per Acea, che «non è una mucca da mungere» e per la quale «non può essere applicato lo spoil system».



Presidente Stirpe, quanto pesa sull’economia romana lo squilibrio nei conti del Campidoglio e delle sue aziende?

«Roma, e in generale la nostra regione, hanno due problemi importanti con cui si scontrano: il deficit sanitario e il bilancio del Comune di Roma. Ma mentre per la sanità registriamo qualche segnale positivo, per i conti capitolini la situazione è ancora tutta in fieri, con colpi di scena che non mancheranno. Anche perché c’è assoluto bisogno di soluzioni definitive e strutturali, non di palliativi».



Soluzioni che partono dalle aziende capitoline?

«Sicuramente sì: è necessario un piano di privatizzazioni e liberalizzazioni, a cui va aggiunto il taglio di tutti i “rami secchi”, ossia di quelle attività che generano importanti centri di costo per l’amministrazione, senza fare però parte del core business delle attività di pertinenza di un Comune».



Ma i maggiori problemi finanziari arrivano da aziende molto grandi, come Atac e Ama.

«Per quanto riguarda l’Atac è arrivato il momento di affidarsi a un player di livello, che si concentri davvero sulle priorità dell’azienda e avvii il lavoro indispensabile per il risanamento. Per l’Ama serve invece una strategia di più ampio respiro, che vada oltre i confini di Roma per poter riuscire anche a fare utili».



Insomma, lei boccia senz’appello la gestione delle municipalizzate.

«È evidente che aziende che presentano un dato di assenze quotidiane del 20 per cento non hanno alcuna competitività, né sono in grado di offrire servizi all’altezza».



La politica deve fare, quindi, un passo indietro nella gestione?

«Voglio essere ancora più chiaro: se l’operatore pubblico vuole avere un ruolo nella gestione delle aziende, lo deve fare alle stesse condizioni di ogni privato. È troppo semplice fare gli imprenditori facendo pagare ai cittadini, sotto forma di tasse, o ai propri clienti i costi dell’inefficienza. Altrimenti devono mettere le aziende sul mercato, e cederle ai privati».

Non tutte le aziende sono in perdita, però.

«Certo, nel gruppo Roma Capitale c’è Acea che gode di buona reputazione e solidità finanziaria».



Come giudica la lettera inviata dal sindaco ai vertici di Acea?

«Le forti prese di posizione del sindaco degli ultimi giorni sono decisamente incomprensibili. Infatti è molto difficile spiegare al mercato, e non solo al mercato, che il cambio dell’amministrazione capitolina debba andare di pari passo con il cambio della governance di un’importante società quotata in borsa, che non può essere soggetta a spoil system di natura politica».



Cosa dovrebbe fare il Campidoglio, secondo lei, su questo fronte?

«Cedere una parte delle quote di Acea porterebbe una notevole plusvalenza nelle casse del Comune, che potrebbe ridurre la sua partecipazione senza perdere il controllo strategico, che può avere anche come socio di minoranza».



Cosa ne pensa della collaborazione tra Acea e Ama, richiesta dal sindaco?

«Che si può fare soltanto all’interno di un progetto chiaro e trasparente, dove Acea può portare in Ama le proprie capacità nella gestione d’impresa. Ma non può esserci un aiuto puro e semplice ad Ama, anche perché Acea non può essere usata come una mucca da mungere».

© RIPRODUZIONE RISERVATA