Doveva solo accompagnare suo zio, ottantenne con problemi di deambulazione, a prendere un treno alla stazione Tiburtina. Aiutarlo a salire sul vagone e riscendere in fretta. Invece le porte del treno si sono chiuse davanti ai suoi occhi e si è ritrovato a Napoli: «Prigioniero di Italo».
A raccontare la paradossale vicenda è Luigi Gallone, malcapitato viaggiatore. Venerdì scorso era andato alla stazione ad accompagnare suo zio Tullio che doveva prendere un treno per Napoli. «Dopo aver lasciato l’auto in sosta - racconta - visto che mio zio non è in grado di camminare speditamente e tantomeno di salire in carrozza con una valigia, l’ho accompagnato fino al binario. Convinto di ritornare in pochi minuti». Non sapeva che su quel treno ci sarebbe rimasto per più di un’ora.
Il ritardo «Il treno che doveva partire alle 17.57 è in ritardo.
La replica. Dalla compagnia ferroviaria Italo spiegano: «Purtroppo nelle stazioni, soprattutto quelle di transito come Tiburtina dove il tempo della fermata è limitato a 3 minuti, non è possibile che gli accompagnatori salgano a bordo. Se lo fanno, rischiano di rimanere dentro il treno. Per questo il personale di Italo presente al binario è sempre a disposizione per offrire assistenza. Se una persona viaggia con la carrozzella può usufruire del servizio di accompagnamento attivo in tutte le stazioni». E ricordano: «Non è possibile riaprire le porte del treno una volta che si sono chiuse. Al segnale di via libera il treno deve partire e liberare il binario. Quando scatta il verde, il capotreno fischia due volte per sollecitare l’imbarco o lo sbarco di chi è ancora a bordo. Da questo istante, nessuno, neanche il personale di Italo, può arrestare il treno, se non nei casi di emergenza. Quando purtroppo accade che qualcuno resti dentro, si fa il possibile per alleviare il disagio. Ecco perché in questo caso, anche se non era dovuto, abbiamo offerto il biglietto gratuito di ritorno a Roma».