Tor Sapienza presenta il conto: «Via subito i rom e le prostitute»

Tor Sapienza presenta il conto: «Via subito i rom e le prostitute»
di Alessia Marani
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Domenica 16 Novembre 2014, 05:58 - Ultimo aggiornamento: 09:36
La lista degli interventi da chiedere al sindaco Ignazio Marino è lunga. C'è tempo fino a lunedì sera per prepararla. L'indomani l'appuntamento in Campidoglio è alle dieci. I residenti di viale Morandi a Tor Sapienza dove tra martedì e mercoledì è scoppiata la guerriglia urbana al grido di «via gli immigrati» si stanno contando. «Cerchiamo un rappresentante strada per strada, palazzo per palazzo dobbiamo dare voce a tutti», dicono.



Distribuiscono volantini, li attaccano all'ingresso dei portoni, si chiamano a raduno: «È opportuno un incontro pubblico - scrivono - che si terrà lunedì alle ore 17 all'interno dei palazzi, area fronte giochi».



«SERVONO FATTI»

Le richieste le hanno già chiarite a Marino seduto e accerchiato venerdì all'interno del Lory Bar. «Era spaurito, con una faccia bianca, ci è stato a sentire ma noi abbiamo chiesto garanzie. Fatti», raccontano Manlio Calabretta ed Elvio. L'atmosfera a Tor Sapienza è da day after. Dopo le bombe carta restano le camionette della polizia a fare da scudo al centro d'accoglienza per rifugiati. Qualcuno grida ai giornalisti: «Non siamo razzisti, ma questa gente tutta concentrata qui nella nostra zona, i nomadi che rovistano dappertutto, i romeni che hanno occupato le case, gli slavi che rubano negli appartamenti, ci hanno stancato. Non ne possiamo più». Salvatore Pilè, che lavora nel carcere di Rebibbia, confessa: «Giro in auto tenendo dei bastoni perché ogni volta che entro ed esco dal garage condominiale mi trovo di fronte gruppi di rom diretti nelle baracche qui intorno. Per anni le amministrazioni ci hanno preso in giro. In queste aree verdi sarebbe dovuta sorgere la città della musica - spiega - invece l'auditorium l'hanno fatto al Flaminio. Rutelli venne qua a lanciare il suo slogan “un albero per ogni bimbo nato a Roma”, ma quei sogni, quegli ideali sono svaniti. Da noi restano solo macerie».



I BAMBINI HANNO PAURA

Laura, 39 anni, impiegata in una società sull'Ostiense, stringe a se la sua bambina di 6 anni. «Amore non ti preoccupare, non ci sono più quelle persone, vedi siamo tutti noi. Non devi avere paura», le dice passando di fronte al centro d'accoglienza. «Da quella sera è spaventata, non vuole più uscire di casa. Ha negli occhi le scene di violenza, nelle orecchie le sirene della polizia. Non sono razzista, ma se mi volete descrivere come tale fatelo: chi non rispetta le regole, via. Non posso pensare di fare crescere mia figlia con la paura di farla giocare in strada o di farla uscire da sola». Anche Francesco e Alfonso, papà di quattro bambini, sono preoccupati: «Eravamo pronti a scendere in strada con i nostri figli stasera (ieri, ndr), stanno scrivendo su dei cartelli parole di pace, per dare un segno di distensione. Questi bambini hanno paura».



I PALAZZONI

Come fosse uno specchio dell'anima, l'edificio che ospita il centro per rifugiati si affaccia sui “palazzoni” dell'Ater, gigantesco quadrilatero a sette piani, città-stato degli anni '70 come il Corviale e il Laurentino 38. È da qui che è partita la rivolta. Gli assessori alla Cultura e alle Politiche sociali del V Municipio, Nunzia Castello e Alessandro Rosi, mostrano l'area giochi appena rinnovata: «Stiamo tentando con l'Ater di recuperare gli affitti per investire i soldi nel recupero». Ma qui lo Stato è indietreggiato da tempo: via gli ambulatori Asl e i negozi per fare spazio alle occupazioni abusive e multietniche. Di avamposto è rimasta solo l'onlus Albatros, centro per minori italiani (e non) in difficoltà.