Roma, il presidente dell'Opera Nomadi: «Nessuna violenza, quella rom mi considera come uno zio»

Roma, il presidente dell'Opera Nomadi: «Nessuna violenza, quella rom mi considera come uno zio»
di Valentina Errante
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Sabato 2 Luglio 2016, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 09:27
«Mi avete causato un danno incredibile, non è vero nulla. Io sono una persona perbene e sto ricevendo centinaia di chiamate di solidarietà. Per portare avanti l'Opera nomadi ho anche dovuto fare un prestito, che pago mensilmente. Posso dimostrare tutto». Massimo Converso, presidente dell'Opera nomadi, l'organizzazione a tutela di rom sinti e camminanti, finito sul registro degli indagati con le ipotesi di peculato, truffa aggravata e violenza sessuale, è certo che si tratti di un equivoco. Eppure, secondo l'inchiesta dei pm Edoardo De Santis, Carlo Lasperanza, Luca Tescaroli, le contestazioni troverebbero riscontro nelle intercettazioni. «Avete scritto cose terribili e false - insiste Converso - Senza contare che i dati personali contenuti nell'informativa mettono a rischio la mia persona».

I Carabinieri sostengono che lei dal 2009 al 2014 si sia messo in tasca 150mila euro dell'Opera nomadi.
«Io spesso, per i gravi ritardi del Comune, ho dovuto anticipare con i miei soldi. Infatti l'amministrazione ci ha pagati anche con quindici mesi di ritardo. Ho dovuto fare fronte alle emergenze con un prestito personale, necessario per saldare i conti della segreteria e pagare l'Inps per i dipendenti. Pago 500 euro al mese, ho impiegato una parte del mio Tfr per l'Ente. Noi non abbiamo mega appalti, non siamo come le coop coinvolte nell'inchiesta Mafia capitale. Quei soldi io li avevo anticipati. Il Campidoglio, nell'ultimo decennio, ci ha sempre concesso le convenzioni più piccole, proprio perché fuori dal sistema. Non siamo le mega associazioni legate alle aree di partito e confessionali, o le coop di Buzzi. Ci sono le fatturazioni esatte, è tutto in regola»

Secondo l'indagine i dipendenti lavoravano in nero o erano mal pagati.
«Sono stati tutti contrattualizzati e avevano a disposizione un consulente del lavoro e un commercialista. Io sono a disposizione dei magistrati, pronto a chiarire tutto, documenti alla mano. Che ne avrei fatto dei soldi? Vivo in una casa di 43 metri quadrati, acquistata negli anni 80 con un mutuo di ben 15 anni, e vado in giro con una lambretta degli anni Sessanta».
 
Dall'informativa dei Carabinieri emerge un quadro molto fosco. I suoi rapporti con le donne rom, e sospetti molto pesanti sul suo operato rispetto a una ragazzina minorenne. «Questa è una follia che dimostra la volontà di colpire l'unico Ente che sia realmente apartitico e aconfessionale. Io non sono indagato, ho fatto tutte le verifiche ancora questa mattina. I rom minori, da 35 anni, mi trattano come uno zio, c'è una registrazione di un rom infuriato perché allontanato dall'Ente, ma sono fatti chiariti proprio dai Carabinieri e non da me, bensì con la famiglia. La ragazza di cui parla si è anche sposata, ha fatto un matrimonio rom e ha due figli».

Non pensa che le donne rom con cui lei ha rapporti possano trovarsi in uno stato di subalternità rispetto al suo ruolo? Agli atti ci sono decine di intercettazioni telefoniche. «Assolutamente no.
Sono tutte maggiorenni, lei crede ancora alla favola dello zingaro povero?»
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