Roma, spacciavano soldi falsi, ufficio giudice del Tar era base operativa

Roma, spacciavano soldi falsi, ufficio giudice del Tar era base operativa
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Venerdì 10 Luglio 2015, 14:22 - Ultimo aggiornamento: 11 Luglio, 15:41
L'ufficio del giudice del Tar del Lazio Franco Angelo Maria De Bernardi era la «base operativa per riunioni ed incontri finalizzati al compimento di atti criminali». È quanto si legge negli atti dei pm di Napoli che hanno indagato il magistrato, insieme ad altre persone, per associazione per delinquere finalizzata allo spaccio di monete false.



Sono numerose le intercettazioni ambientali captate dai carabinieri del Noe all'interno della stanza '703' del Tar, al settimo piano del complesso di via Flaminia, in uso al consigliere De Bernardi. In una di queste - il 23 maggio 2012 - i presenti, alcuni dei quali ritenuti vicini ad ambienti della camorra, spiegano la metodologia del «lavaggio del dollaro».



«..Sono bravissimi! Perchè il loro sistema sai qual è? Loro prendono il dollaro da uno...lo lavano.. la carta del dollaro è buona.. e sopra ci stampano il 100..», dice uno degli indagati presenti nell'ufficio. E un altro si dice entusiasta perchè «questo prodotto si vende meglio». Il 7 gennaio 2013, invece, il giudice ed altri due indagati «colloquiano ponendo in evidenza - annotano gli investigatori - le procedure legali da adottare al fine di raggirare i sistemi di controllo fornendo una tracciabilità lecita del denaro da riciclare provento dei più svariati reati (anche eventuali proventi da rapine e sequestri di persona)».



«... per poter fare l'operazione in banca, si costruisce l'origine lecita di questo denaro...», osserva uno. E De Bernardi ribadisce: «...l'origine lecita! Per intenderci... perchè oggi con la legge antiriciclaggio..». Secondo i pm di Napoli le frasi intercettate nell'ufficio del giudice De Bernardi sono «particolarmente importanti sotto il profilo probatorio» perchè da esse «emerge chiaramente ed inequivocabilmente che i componenti dell'organizzazione, consapevolmente hanno ricercato canali idonei per reperire valuta contraffatta al fine di reimmetterla in circolo».



Il 10 maggio 2012 le cimici del Noe registrano nella stanza 703 del Tar una conversazione tra varie persone finalizzata, sostengono i pm, a «pianificare una delle tante operazioni». E uno degli indagati introduce il tema con una frase che non lascia equivoci: «...qua ci sono state riunioni.. qua ci sono stati i più grossi riciclaggi del mondo, in quest'ufficio...».



Sempre nel corso di questi meeting, il giudice De Bernardi tranquillizza gli associati sulla possibilità di farla franca sul versante giudiziario: «.. di condanne per riciclaggio non ce n'è neanche una! Se vai a guardare...perchè sono cose che non puoi provare», dice in una intercettazione dell'11 maggio 2012. E il giorno successivo: «..dove sta scritto che è riciclaggio?». Nei colloqui captati dal Noe si fa anche riferimento alla provenienza della valuta. In particolare si cita Caserta dove, dice uno degli indagati, «...ci sono capannoni pieni di banconote».



E poi è lo stesso indagato a proporre l'affare: «...se vuoi fare l'operazione..
noi chiamiamo.. tu gli dai il tempo.. vieni con me... omissis ... ci devi mettere la faccia perchè questi sono Casalesi..». E riguardo alla collocazione finale del denaro, anche in quel caso non c'è problema. Un altro componente dell'organizzazione cita infatti una società che gli ha ordinato 50 milioni di dollari e spiega che a Milano c'è «...una forte richiesta di banconote false..».
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