Simone, il suicidio dopo gli insulti omofobi all'università

Simone, il suicidio dopo gli insulti omofobi all'università
di Marco Pasqua
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Giovedì 7 Novembre 2013, 08:51 - Ultimo aggiornamento: 8 Novembre, 13:19
Al tirocinio mi insultano perch sono gay. Simone, il ragazzo di 21 anni che si è tolto la vita lanciandosi dal terrazzo dell'ex pastificio della Pantanella, si era sfogato in alcune chiamate fatte alla Gay Help Line, il centro di ascolto rivolto alle persone vittime di omofobia. Il particolare è emerso in queste ore, dall'analisi dei tabulati telefonici del suo cellulare. Sono almeno 6 le telefonate effettuate nell'ultimo mese al numero verde curato dal Gay Center e sulle quali ora si concentra l'attenzione dei magistrati che indagano sulla morte del giovane studente di scienze infermieristiche della Sapienza.



GLI SFOGHI

I volontari che prestano servizio nella linea telefonica hanno annotato, in sintesi, il contenuto delle telefonate fatte da Simone. Il quale, in almeno un paio di occasioni, avrebbe usato un nome finto. Agli operatori avrebbe riferito delle battute omofobe e degli insulti, all'interno dell'ospedale nel quale effettuava il tirocinio. Quasi sempre da parte di alcuni compagni universitari. Un particolare che è emerso anche dal racconto degli amici che, il giorno dei funerali, hanno riferito una confidenza che aveva fatto loro: «Ci ha detto di essere stato isolato all’università». Non è un caso, dunque, che prima di lanciarsi nel vuoto, la notte tra il 26 e il 27 ottobre, Simone abbia scritto una lettera con un passaggio dedicato alle persone omofobe . Nell'ultima telefonata, un operatore gli ha anche proposto di prendere parte alla riunione del Gruppo Giovani del Gay Center, in programma il 25 ottobre. Ma a quell'incontro non è mai andato.



«Purtroppo solo una persona su venti, tra quelle che denunciano episodi di omofobia, decidono di venire nel nostro centro», racconta Fabrizio Marrazzo, portavoce del Gay Center. A Simone era stato anche offerto di incontrare uno psicologo, messo a disposizione dall’associazione.

«Simone veniva preso in giro, me lo ricordo bene, agli anni delle elementari e delle medie», racconta Marco, un ragazzo che, insieme ai genitori, si è recato nei giorni scorsi alla Pantanella a deporre un fiore in suo omaggio. «Spesso intervenivo in sua difesa, perché non sopportavo quelle prese in giro», ricorda Marco, che lavora come cuoco a Testaccio. «Quando una persona, per così tanti anni, è stata vittima di omofobia, è difficile che poi venga nel nostro centro», confida Marrazzo, che aggiunge: «Il 10% delle persone che si sentono discriminate dice di aver pensato al suicidio». «Bisogna avviare corsi anti-omofobia nelle scuole, investire sulla formazione – osserva Marrazzo – perché altrimenti ci troveremo di fronte a questi ragazzi che vengono esasperati da anni di angherie. E allora è più difficile aiutarli”.

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