L'altra anima di San Basilio: «Questo quartiere non è razzista»

Tommaso Ferrera
di Maria Lombardi
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Giovedì 8 Dicembre 2016, 20:53
«Io non penso che San Basilio sia razzista. Certo, quello che è successo non è bello.....». Tommaso Ferrera, presidente dell'associazione culturale Unrra Casas, non riesce a concludere il suo pensiero. «Ma che sta a di'?», lo interrompe urlando un signore che passa davanti al parco di via San Benedetto del Tronto con un bambino in braccio. «Hanno fatto bene. Li devono caccia'...».

«Dicevo: penso che si sia trattato di un gesto che nasce dal disagio e dalla disperazione più che dall'intolleranza», Tommaso non si scompone anche se il tipo alza sempre di più la voce. «Se ne devono torna' in Africa, qui non li vogliamo. Ma che, davero? A noi ce cacciano pe' daglie le case a quelli. E certo che diventiamo razzisti». Sul muro bianco dell'oratorio, di fronte alla parrocchia, messaggi di pace scolpiti su mattonelle di cotto: «Chi ama San Basilio è mio amico», «San Basilio è più bella senza violenza». Una studentessa si ferma lì davanti e racconta che «anche a scuola girano tanti pensieri ignoranti e ci sono quelli che si comportano da razzisti».

L'INCONTRO
Il doppio volto di San Basilio. Ancora più evidente il giorno dopo la cacciata della famiglia marocchina, padre madre e tre bambini che si sono dovuti fermare al cancello del palazzo popolare di via Filottrano e nella casa a loro assegnata non sono potuti entrare perché il condominio si è ribellato per difendere gli occupanti italiani. Oggi la sindaca Raggi li incontrerà mentre la Procura aspetta le relazioni delle forze dell'ordine per valutare le denunce di 5 persone che hanno partecipato alla protesta di martedì mattina. Sono accusati di minacce, resistenza a pubblico ufficiale, violenza privata e violazione della legge Mancino sull'odio razziale. Ieri sera l'assessore al sociale del Comune, Laura Baldassarre, era in via Filottrano a parlare con chi vive nel condominio ribelle.

«Abbiamo iniziato un dialogo che continuerà. Una delegazione di cittadini sarà accolta in Campidoglio al più presto». Oggi o domani. C'è chi chiede di vedere la Raggi in via Filottrano, «l'abbiamo votata in tanti e l'aspettiamo». Da una parte c'è il quartiere che lotta per salvare il nome di una periferia condannata a una cattiva fama e non ci sta a portare addosso il marchio di «razzista». E dall'altra il quartiere che urla «mandateli via», sopporta l'illegalità ormai rassegnato a convivere con occupazioni e spaccio. «Quello che è successo era da aspettarselo», Tommaso Ferrera finalmente riesce a concludere il suo ragionamento. «Negli anni si è creata una situazione di caos con le case popolari. Quando gli agenti torneranno a mandare via qualche altra famiglia sono convinto che riesploderanno le tensioni». «Puoi sta' sicuro, scateniamo la rivoluzione, facciamo le barricate», lo interrompe di nuovo il signore con il bambino dagli occhi azzurri tra le braccia. L'associazione fondata 19 anni fa da Tommaso ha in affidamento un piccolo parco, promuove eventi culturali, pubblica ogni tre mesi un piccolo giornale, «facciamo di tutto per tenere alto il nome del quartiere». Tommaso è stato anche minacciato dagli spacciatori, «fatti gli affari tuoi», gli hanno detto.


IL VOLONTARIATO
Lo stesso impegno che ci mette l'associazione «Maurizio Zavatta» che ha sede nell'oratorio. «Ma quale razzismo? Basta parlare male di San Basilio», sbotta Roberto Cocotti. Dal 1989 insegna minibasket ai ragazzi del quartiere, «mi hanno chiamato in altri posti ma io non voglio abbandonare i ragazzi». E farli finire in strada, come quelli che incroci in via Grisolia e in via Gigliotti, nella zona delle case occupate - qui la chiamano così - palazzi interi che non sono mai stati assegnati regolarmente e dove tutti sono abusivi, hanno gli occhi stralunati e le mani in tasca ad aspettare i clienti a cui vendere le dosi.

«Qui è pieno di stranieri, ci sono russi, romeni, marocchini. E chi gli ha mai detto niente? Ma se continuano a mettere i poveri tra i poveri, a buttarli allo sbando, poi qualcosa succede. Comunque il problema delle case popolari va risolto». Cocotti e gli altri volontari in oratorio organizzano un concorso canoro, tornei di scacchi, corsi i danza e di computer. Una signora che abita in via Filottrano racconta di aver pagato 20 anni fa quaranta milioni di lire per entrare nella sua casa. «A mio rischio, certo. Poi mi sono autodenunciata all'Ater e ho pagato una multa. Un contratto non ce l'ho ma le bollette sono a mio nome e verso 400 euro di affitto».
 
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