COMPAGNA IN OSPEDALE
Alla lettura del verdetto, l'uomo, ormai brizzolato, si è piegato in due e ha pianto. Lacrime di commozione, di liberazione, mentre gli amici lo abbracciavano e gli davano pacche sulla schiena cercando di incoraggiarlo: «E' finita, dai. E' finita». Il pm aveva chiesto sette anni di carcere. E la Corte si era ritirata subito dopo per decidere. Neanche trenta minuti dopo è arrivata la decisione. Un'attesa breve, durante la quale, però, la nuova compagna del sospetto papà pedofilo, ha avuto un malore. Il medico del tribunale ha riconosciuto i sintomi di una ischemia cerebrale e l'ha fatta ricoverare d'urgenza. Non ha retto all'emozione dell'attesa, all'angoscia che poteva rinnovarsi.
Giudicati innocenti anche i presunti complici. Padri di famiglia che hanno giurato davanti alla Corte di aver visto i due bambini soltanto una volta nella loro vita.
LA RICOSTRUZIONE
Il fatto era stato denunciato nel dicembre del 2001. All'inizio sotto inchiesta finisce solo il papà, un elettricista romano. Dopo la separazione della moglie, tornato a vivere nella casa dei genitori, si è ritrovato accusato di molestie nei confronti della bambina. Nel giro di un anno, però, spunta un procedimento parallelo in cui il l'uomo viene accusato di aver abusato di entrambi i figli, e di averlo fatto con amici e colleghi. I procedimenti vengono riuniti, e salta fuori anche un presunto coinvolgimento dei genitori paterni, accusati di essere stati a conoscenza degli abusi. E anzi, di avere assistito. I due nonni, sconvolti, si presentano in tribunale chiedendo di essere processati: vogliono che si faccia chiarezza in fretta. Non verranno neanche indagati. Il processo parte nel 2004. E in dodici anni più di una volta la Corte cambia composizione. Un giudice va in pensione, uno viene trasferito. E puntualmente si deve ricominciare dall'inizio.
LA PERIZIA
Solo la mamma viene risentita sette volte in aula. Le vittime, ossia i bambini ormai diventati universitari, non vengono riascoltati. Nel loro caso fanno fede le prove già acquisite: la loro ricostruzione è stata raccolta in incidente probatorio, davanti a dei psicologi, e in un nastro, registrato da loro. Un nastro che diventerà la prova cardine. E poi il probabile elemento che ha smontato il caso. La madre sotto giuramento aveva detto che durante lo sfogo i bambini erano soli. Lo chiedono in aula gli avvocati della difesa, Mauro Bottoni e Giovanni Destito: «Lei nel momento in cui avvenivano questi racconti, era presente, o no?» E la donna: «Quando ci sono state le registrazioni no. Loro stavano da soli, parlavano con questo registratore. E dopo me lo hanno fatto ascoltare. E io l'ho dato ai carabinieri».
Il giudice ha disposto una perizia fonica. Il primo risultato: oltre alle voci dei bambini si sentono in sottofondo due voci femminili e una maschile. «L'intera registrazione - scriverà il perito - sembra composta da più registrazioni, con stop o pause. In tutte e due le registrazioni i bambini nei loro monologhi fanno più pause». Gli avvocati che assistono le parti civili annunciano l'appello. «Siamo molto sorprese per la sentenza emessa a sedici anni dai fatti e di sofferenza per i minori, ora maggiorenni - hanno detto Rossella Benedetti e Teresa Manente - Per i ragazzi questa decisione è una violenza che si aggiunge a quelle subite da parte degli imputati». I quattro psicologi, che in tempi diversi erano stati chiamati a studiare il caso, erano pervenuti alla stessa conclusione: «Racconti attendibili e logici», da vittime che «mostrano chiari sintomi di abusi sessuali». Al sospetto papà pedofilo era stata sospesa la potestà genitoriale. In questi anni ha continuato a versare l'assegno di mantenimento.