Ciclista ucciso a Roma, l'ombra dei clan dietro l'auto pirata

Ciclista ucciso a Roma, l'ombra dei clan dietro l'auto pirata
di Alessia Marani e Fulvio Ventura
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Sabato 21 Novembre 2015, 09:23 - Ultimo aggiornamento: 9 Novembre, 11:42

Ora le indagini puntano a capire che cosa si nasconde dietro alla società a cui risultava intestata la Honda Jazz targata l'Aquila che giovedì pomeriggio ha investito e ucciso in borgata Finocchio Luciano Zarlenga, ciclista di 52 anni. Gli uomini del comandante Antonio Di Maggio vogliono capire come sia possibile che la ditta, la cui sede legale si trova a Giuliano in provincia di Napoli e molto probabilmente riconducibile a dei prestanome, fosse in possesso di ben 500 vetture.


E guarda caso proprio pochi giorni prima dell'incidente - al volante della Honda c'era un sinti slavo di appena 17 anni scappato via e poi costituitosi venerdì a Treviso - gli stessi vigili dello Spe, il nucleo di sicurezza pubblica emergenziale avevano fermato in zona un altro rom a bordo di un veicolo sempre intestato alla società partenopea.

Il sospetto è che dietro alla sigla possa celarsi una sorta di “agenzia” pronta a fornire veicoli apparentemente puliti ai soggetti più disparati, finanche alla malavita organizzata.

Gli accertamenti sono in atto. Il meccanismo dei prestanome funziona così: si intesta il veicolo (in questo caso gli amministratori della società) a una testa di legno, magari un anziano nullatenente e difficilmente imputabile a cui per il favore si passa una “retta” mensile. Poi se si prende una multa o non c'è l'assicurazione (come nel caso della Jazz), nessuno pagherà, né in soldi né in termini di legge.

IL DOLORE

Domani alle 15 nella parrocchia di Santa Maria della Fiducia si svolgeranno i funerali di Zarlenga, dipendente di un distributore di benzina ad Albano. Proprio i titolari dell'impianto ai clienti avrebbero espresso la loro preoccupazione per il futuro della moglie dell'uomo e delle sue due figlie di 14 e 15 anni, la più grande è all'Università. «Non è giusto. Non si può morire così per colpa di delinquenti che vanno in giro a fare come vogliono», il loro commento. Il distributore è chiuso per lutto. I familiari di Luciano sono stretti nel loro immenso dolore, non se la sentono di parlare. Per le esequie, il loro desiderio è di non avere fiori ma donazioni all'Aivis, l'Associazione italiana vittime della strada.

“Lucianino” è morto a pochi passi da casa, travolto in pieno mentre era in sella alla sua bici, in via Fontana Candida. Nel quartiere il comitato “Collina della pace” da tempo chiedeva più sicurezza: controlli delle forze dell'ordine ma anche una segnaletica più visibile e chiara sulle strade. «Corrono tutti come pazzi - denuncia il presidente, Luigi di Bernardo - ad aprile avevamo scritto al prefetto poi lo abbiamo anche incontrato dopo l'estate. Ma nulla è cambiato».

Sul luogo dell'incidente resta un mazzo di fiori bianchi e rosa. Le luci di casa Zarlenga sono accese ma nessuno risponde al citofono. Gli zii di Richard, il pirata accusato di omicidio colposo ma subito rimesso in libertà nonostante a febbraio fosse già stato fermato a Orvieto per guida senza patente, non abitano molto distante.

Vivono a Colle Mattia e lì il 17enne era di casa. Conosceva molto bene la borgata e giovedì pomeriggio, prima di ammazzare il ciclista, si era fermato in un bar del posto a mangiare un gelato. Le telecamere di videosorveglianza l'hanno ripreso mentre scendeva dalla Jazz nera e un frammento della sequenza è servito agli inquirenti per ricavare la foto del ricercato, poi diffusa venerdì mattina agli organi di informazione.