Sequestro Moro e strage della scorta, 36 anni dopo il ricordo di Napolitano, Orlando e Marino

Sequestro Moro e strage della scorta, 36 anni dopo il ricordo di Napolitano, Orlando e Marino
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Domenica 16 Marzo 2014, 16:02 - Ultimo aggiornamento: 17 Marzo, 12:43
Il ministro della Giustizia Andrea Orlando ha deposto questa mattina una corona in via Mario Fani a Roma in occasione del 36mo anniversario del rapimento di Aldo Moro e del massacro della scorta dell'allora presidente della Democrazia Cristiana. Il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano ha disposto la deposizione di una corona di fiori in via Mario Fani dove le Brigate Rosse sequestrarono l'allora Presidente della Democrazia Cristiana uccidendo cinque agenti della sua scorta. Anche il sindaco di Roma Ignazio Marino ha partecipato alla commemorazione. . Ad accompagnare il primo cittadino, il commissario straordinario della Provincia di Roma Riccardo Carpino e l'assessore alle Pari opportunità e Sicurezza della Regione Lazio Concettina Ciminiello. Tra i presenti il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. «È importante che noi ricordiamo - commenta Marino al termine della cerimonia - da un lato il sacrificio di servitori dello Stato che caddero qui con coraggio, dall'altro che la violenza, il terrorismo trovano purtroppo sempre nuovi semi.
E noi dobbiamo insegnare con la memoria ai nostri ragazzi che le soluzioni per le grandi sfide dei nostri tempi si trovano attraverso percorsi di pace. Percorsi di sangue e violenza vanno sempre isolati e ripudiati». «Il 16 marzo del 1978 - racconta - è uno di quei ricordi che si fissano nella mente in modo indelebile. Io ricordo che mi trovavo nel reparto di emodialisi del policlinico Gemelli. Lì c'era un televisore. Hanno interrotto le trasmissioni per annunciare che era successo un fatto molto grave a poche centinaia di metri dal Gemelli. In quel momento non si comprendeva ancora cosa fosse accaduto ma si disse che riguardava il presidente Moro e la sua scorta. Poi ricordo cosa accadde in città nelle settimane successive, il clima cupo in cui cadde la Capitale e la Nazione. Spesso percorrevo queste strade e qui c'erano posti di blocco che chiedevano, magari ad un giovane medico come me che tornava di notte dall'ospedale, di aprire il portabagagli per perquisire la macchina».
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