Giorgio Napolitano

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È stato il primo presidente della Repubblica italiana a venire eletto per due volte. Ha attraversato quasi tutta la storia del ‘900 ma la fine del «secolo della malafede ideologica» lo ha visto ugualmente protagonista perché pur essendo stato un comunista Giorgio Napolitano lo fu alla sua maniera: estremamente attento al contesto, dialogante sempre, riformista pure.
Anzi migliorista, perché così venivano chiamati nel Pci quelli come lui: convinti che l’evoluzione graduale e occidentalista e laburista e socialdemocratica del Pci fosse l’unica carta spendibile da quel pezzo della sinistra per aiutare l’Italia. 

Senatore a vita

Un tipo così, una volta dismessi gli abiti di Capo dello Stato, ed essersi trasferito nello studio di senatore a vita a Palazzo Giustiniani, nel gennaio del 2016, non poteva che continuare a fare politica, la sua passione. Fino alla fine è stato curioso di tutto ciò che si muove nel Palazzo e nel Paese. Da riformista il suo impegno e sempre stato per le riforme. Quella costituzionale promossa da Renzi fino al referendum del 2016 la appoggiò con convinzione e aveva condizionato il proprio assenso alla richiesta delle principali forze politiche per il rinnovo (temporaneo) del mandato presidenziale proprio in cambio di una convinta mobilitazione dei partiti a riformare il sistema. E ancora: la sua bussola è rimasta sempre ben ferma, senza tentennamenti, sul versante dell’adesione ai temi europei a dispetto di una crisi epocale suscettibile di minare le fondamenta dell’unione. Napolitano ha affidato il suo pensiero a quattro interventi pubblici (poi raccolti in un volume), una sorta di testamento politico in cui suggerisce nuove motivazioni per rilanciare il processo d’integrazione europea dettate dal cambiamento planetario.

Doppio mandato

Il bilancio dei nove anni del suo doppio mandato (dal 2006 al 2015) racconta l’intreccio tra le spinte di una forte personalità, sempre pronta a valere le proprie ragioni di opportunità politico-istituzionale, con quelle del custode della Costituzione strenuo difensore dei diritti di tutti. Soprattutto nell’ultimo periodo - prima e dopo il bis non richiesto al Quirinale - quando Napolitano è costretto a svolgere un ruolo di supplenza per mettere al riparo il Paese dagli attacchi della speculazione internazionale. La debolezza delle altre istituzioni (governo, partiti, Parlamento) rafforzano oltremisura il ruolo del Colle, spingendo alcuni costituzionalisti a parlare di un presidenzialismo di fatto.

Biografia

Nacque nel 1925 in una famiglia della buona borghesia napoletana. Si iscrisse nel ‘45 al Pci. “Entrai nel partito senza sapere molto di marxismo e dei suoi sacri testi», confesserà molti anni dopo. Si laureò nel ‘47 in legge. Durante l’università, partecipò ai Gruppi Universitari Fascisti. Molti anni dopo spiegò la sua appartenenza ai GUF: “Erano un vero e proprio vivaio di energie intellettuali antifasciste, mascherato e fino a un certo punto tollerato». All’interno del GUF e nell’ambiente universitario conobbe alcuni degli uomini che lo avrebbero accompagnato nel resto della sua carriera. Da Antonio Ghirelli a Dudù La Capria. 

Quando poi entrò nel Pci fu Giorgio Amendola il suo padre politico. Da lui - ha spesso ricordato Napolitano - ho imparato il senso profondo del rispetto delle istituzioni. Quello che da presidente della Repubblica non gli ha mai fatto difetto. Il 15 maggio 2006 venne eletto al Colle. Ci arrivava a quasi ottantuno anni dopo che Carlo Azeglio Ciampi, pochi mesi prima, lo aveva nominato senatore a vita. Era il coronamento di una «lunga marcia» attraverso le istituzioni di un comunista non ortodosso che aveva vissuto in trincea tutte le fasi della Prima Repubblica.
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