Il vertice della municipalizzata scelga coraggio e discontinuità

di Oscar Giannino
4 Minuti di Lettura
Domenica 16 Luglio 2017, 00:05
Quando un problema è già enorme di suo, ogni incidente aggiuntivo non fa che aggravarlo. Purtroppo, a Roma è avvenuto ancora una volta all’Atac. 

L’episodio è il gravissimo dramma avvenuto mercoledì sulla linea B della metro. La vittima, Natalya Garkovic, ora giace ricoverata in gravi condizioni: a lei vanno i migliori auguri non solo di tutti i romani, ma di mezzo mondo. Perché i due video, che documentano Natalya trascinata con un braccio dentro e il corpo fuori dal convoglio che parte in velocità, senza fermarsi fino alla successiva stazione, sono appunto rimbalzati su milioni di schermi in giro per il mondo.

Un colpo devastante per la sicurezza del trasporto pubblico della Capitale, meta mondiale di milioni di turisti. I video documentano che il macchinista sta mangiando durante la sosta, e sembra riprendere dopo un paio di rapide occhiate agli specchietti, prima di chiudere le porte e ridar corrente alla motrice. Sembra evidente che non presti alcuna attenzione all’immediata agitazione di molti passeggeri in banchina e all’accorrere di un addetto alla sicurezza, alla vista del convoglio che indifferente prende velocità, trascinando Natalya per l’intera banchina prima di imboccare il tunnel. E in ogni parte del mondo si è letto delle testimonianze dei viaggiatori, che immediatamente azionano le leve di allarme, a cui non fa seguito però alcun arresto o frenata del convoglio. Natalya precipiterà sulla massicciata nel tunnel, solo quando un passeggero riuscirà a forzare le ante della porta e a liberare il suo braccio.

L’Atac ha subito annunciato l’avvio di un’inchiesta interna. Che speriamo giunga a rapide e chiare conclusioni. Mangiare forchetta alla mano durante la conduzione dovrebbe essere quanto meno motivo di licenziamento, per i regolamenti interni di sicurezza. E se gli allarmi azionati dai passeggeri non sono come pare del tipo autofrenante, quanto meno occorre capire se e come il parco di vetture circolante non abbia necessità di impianti di sicurezza più avanzati, con tempi di reazione rapidi da parte del personale di macchina.

Ma tutto questo basterebbe se solo non si trattasse dell’Atac, se il dramma fosse avvenuto altrove e a un’altra azienda. Non è così, purtroppo. E’ il milionesimo segno di inefficienza della municipalizzata che da un decennio risulta come la più scassata d’Italia, nel rapporto Mediobanca aggiornato anno dopo anno dopo ogni bilancio. L’ultima edizione è stata rilasciata all’inizio di luglio, e sulla base dei conti 2015 non vi era altra società degli Enti Locali, del trasporto pubblico e in generale, che avesse perso oltre 750 milioni dal 2011, con un indebitamento a oggi intorno a 1,2 miliardi, un parco circolante vetusto, con percentuali di indisponibilità quotidiane elevatissime, e con capacità di generare risorse proprie, al netto dei trasferimenti pubblici, inferiori al 40% del totale dei costi.

Più volte abbiamo scritto negli anni che su queste basi, conti alla mano e stante l’altrettanto difficile – per usare un’espressione misurata - condizione finanziaria del Campidoglio che ne è socio al 100%, appare quanto meno arduo generare risorse proprie in proporzioni tali da immaginare non solo in un credibile futuro l’equilibrio di bilancio, ma innanzitutto gli ingenti investimenti che sono necessari per garantire un servizio all’altezza delle necessità della Capitale. Da anni sarebbero servite discontinuità radicali nella gestione dei costi esternalizzati e delle gare, giù giù a scendere per li rami fino alla ridefinizione degli organici e alla gestione delle risorse umane. La politica ha preso tempo, gli amministratori si sono succeduti.

I guai si sono aggravati. E’ nata per questo la richiesta che a Roma il servizio di trasporto pubblico locale venga assegnato per gara pubblica alle migliori condizioni, come proposto da un’iniziativa dei radicali per la quale a Roma è in corso la raccolta delle firme. Dovrebbe essere regola fissa in tutta Italia, ma vale ancor più quando da anni il servizio non è all’altezza del minimo standard accettabile.

Ora aspettiamo il piano industriale del direttore generale Bruno Rota. Che è del tutto incolpevole di quanto ha trovato. Ma dal quale è più che legittimo attendersi indicazioni rapide e radicali. Lasci alla politica le mezze misure, se ancora il Campidoglio crede che i numeri consentano di traccheggiare. Rota ci faccia capire come ritiene possibile investire risorse ingenti su qualità ed efficienza. E non si tiri indietro sulle risorse umane. Non coltiviamo alcun pregiudizio generalizzato verso i lavoratori dell’Atac.

Ma è certo che anni e anni di sfascio gestionale abbiano non solo creato tensioni alle stelle – basta vedere il numero di scioperi – e raffiche di mancate firme alle intese aziendali da parte dei sindacati minori. Hanno soprattutto alimentato nei dipendenti sfiducia, disamore per l’azienda, trascuratezza negli obblighi di servizio. Ed è proprio in questo spirito fiaccato dai guai, che s’insinua il demone del possibile incidente mortale sfiorato mercoledì. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA