Casilino, 21enne litiga con la madre e si lancia nel vuoto dal settimo piano

Casilino, 21enne litiga con la madre e si lancia nel vuoto
di Marco De Risi e Beatrice Picchi
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Domenica 5 Gennaio 2014, 09:31 - Ultimo aggiornamento: 11:48
Alessandro si lanciato nel vuoto dal settimo piano con la sua fragilit e le sue paure. Nessuna lettera per spiegare il suo gesto, il ragazzo, 21 anni, soffriva di crisi depressive e spesso si rifugiava nell’alcol. Ieri pomeriggio, poco dopo le due, la mamma entra nel salone: il figlio è a cavalcioni sul balcone, pronuncia delle frasi sconnesse, lei corre verso di lui e con tutta la forza che ha lo tira dentro casa e chiede aiuto al 118, telefona anche al marito. Ma è un attimo: Alessandro riesce a divincolarsi dalla sua presa e si butta dalla finestra.



Un volo di dieci metri, il suo corpo protetto da un lenzuolo bianco rimane sul marciapiede di via Casilina per oltre due ore. Arrivano i carabinieri della stazione di Torpignattara, la strada viene transennata, il negozio di calzature abbassa la saracinesca in segno di lutto, chi si ferma davanti si fa il segno della croce e scappa via. Una donna bionda si avvicina alle transenne, urla il nome di Alessandro, è lì davanti a lei sotto il lenzuolo insanguinato: «Fatemelo vedere, vi prego fatemelo vedere un’ultima volta mio bel nipote». Ieri, al momento della tragedia, in casa c’è anche il fratello, gemello, e la sua fidanzata. Alessandro è nel salotto, la mamma gli dice: «Ma come, a quest’ora già puzzi di alcol? Ti fa male, lo sai», la donna lo rimprovera ma così cerca solo di proteggere quel figlio grande e fragile che non riesce a fare a meno della bottiglia. Il ragazzo era in cura in una clinica fuori Roma, tentava di curarsi, di riprendersi, negli ultimi sei mesi era tornato da due psichiatri. Ma la sua mente fragile ogni tanto si perdeva e ricominciava.



Le indagini I carabinieri stanno verificando se il ragazzo, studente come il fratello, abbia ricevuto negli ultimi tempi cure appropriate per il suo malessere. Alessandro era omosessuale, ma questo non aveva mai creato alcun tipo di incomprensione o problemi né in famiglia, né tra i suoi amici. I genitori, commessi entrambi, sono nati e cresciuti in quel palazzone sulla Casilina che si affaccia sul trenino della Roma Giardinetti. «Grandi lavoratori, persone perbene», ripete il gestore del tabacchi vicino casa. Ieri mattina i due fratelli erano andati proprio da lui, una schedina, un pacchetto di sigarette e una battuta sulla Roma e sulla Lazio. Un ragazzo, felpa e cappuccio, arriva con lo scooter, trafelato, spaventato: «Sì lo conoscevo, era un ragazzo unico, certo, qualche volta si lasciava prendere dalle sue paure, però era buono». «Ma tutta la famiglia era con lui, nessuno lo ha mai lasciato solo», racconta una giovane, i capelli raccolti, l’eschimo e gli anfibi, uscita dalla macelleria accanto al palazzo del suicidio. «Anche se lui - aggiunge - non sapeva chiedere aiuto e rimaneva intrappolato con i suoi mostri».
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