Il punto è proprio quel documento datato 2003. Una articolata relazione firmata dal servizio di controspionaggio del Sismi, intitolata «Frate» e basata su un documentato pedinamento del Nero Carminati. Nel testo si evidenziano molti motivi di «sospetto» sul comportamento dell’ex Nar che, se fossero arrivati in procura allora, forse avrebbero persino evitato che la Mafia capitale di Carminati allungasse i suoi tentacoli sull’amministrazione capitolina: si dice che pur risultando nullatenente, già allora il Nero guidava una Ferrari intestata ad un altro nullatenente; si parla della sua gestione di fatto del ristorante «Frate» sequestrato a gennaio e intestato al suo braccio militare Riccardo Brugia e si dice anche del benzinaio che dodici anni dopo si rivelerà essere il suo quartier generale.
I DUBBI SUL SISMI
La firma dell’agente che ha realizzato il dossier sottolineando l’importanza di inviarlo all’autorità competenti è illeggibile. Ma i commissari hanno notato che ai vertici della Prima divisione del Sismi allora guidato dal generale Nicolò Pollari, tra il 2003 e il 2004 c’erano due persone poi finite nell’inchiesta sul rapimento di Abu Omar: il generale Gustavo Pignero, prima (deceduto) e Marco Mancini poi. Entrambi venivano dai carabinieri, avevano esperienza di anticrimine e dunque erano sicuramente in grado di valutare l’importanza del documento realizzato dal loro agente. Eppure, La carta nella procura di Roma non si trova. E anzi, nel corso dell’audizione di ieri il procuratore capo Pignatone ha infilato un aggettivo che dice molto: «Non ci risultano rapporti attuali tra Carminati e i servizi». Attuali.
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