«Appalti da Ama per 20 milioni». Faro sulla società di smaltimento

«Appalti da Ama per 20 milioni». Faro sulla società di smaltimento
di Cristiana Mangani
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Lunedì 1 Agosto 2016, 14:51 - Ultimo aggiornamento: 15:45
C'è una vicenda emersa da un'inchiesta del 2013 della procura di Roma che sembra tornare attuale proprio in questa nuova tranche di indagine sullo scandalo dei rifiuti: è quella che riguarda lo smaltimento dell'umido, avvenuto in quegli anni, negli impianti di società per azioni che operano fra Padova e Pordenone. La Bioman, una delle due aziende, molto all'avanguardia nel settore, ha ricevuto appalti da Ama per più di venti milioni di euro, e li ha avuti quando l'impianto della municipalizzata si è bloccato per lavori di ristrutturazione del piazzale. Tra la Bioman e l'Ama c'è un filo rosso che conduce al neo assessore Paola Muraro.

L'INCARICO
L'esperta, infatti, vanta nella sua attività professionale proprio un periodo di lavoro presso la società del Nordest: dal 2010 al 2012 ha rivestito incarichi di «assistenza tecnico-amministrativa per la predisposizione di atti autorizzativi e collaborazione nella preparazione di documenti gestionali». E ancora - secondo quanto scritto nel suo curriculum - di consulente riguardo «all'impianto di recupero energetico e compostaggio: attività di autocontrollo, redazione ed attuazione di un Programma di gestione qualità». Due anni durante i quali ha continuato a mantenere la sua consulenza con l'Ama, dove è rimasta fino al 2016, prima di essere nominata assessore. Muraro è andata via dalla Bioman, dunque, quattro anni prima, portando con sé l'esperienza accumulata in quella virtuosissima società.

LE DENUNCE
Succede, però, che nel 2013 i rifiuti organici di Roma sono costretti a prendere la strada per il Friuli Venezia Giulia, causa sospensione temporanea dell'attività dell'impianto Ama per il compostaggio. La procura che già sta indagando sullo scandalo dei rifiuti, viene sollecitata da nuovi esposti e denunce, nei quali si chiede come mai la municipalizzata avesse preferito l'azienda del Nord Italia, piuttosto che Maccarese. L'impianto vicino al mare era certamente insufficiente ad accogliere il 65 per cento dell'umido secondo quanto richiesto dagli standard europei. Ne avrebbe potuto ospitare il 25 per cento, perché era in disuso per via di alcuni lavori in corso. Sembra, però, che sia rimasto misterioso, il perché siano state scelte due società venete e friulane, e quanto questa operazione sia costata al Comune e ai cittadini. All'epoca insorse Legambiente che denunciava un piano di smaltimento dei rifiuti «inaffidabile e illegittimo». E venne sottolineato anche che Maccarese, per quanto limitata dal punto di vista della capienza, avrebbe potuto, comunque, essere utilizzata.

In quella occasione l'Ama, oltre a precisare che le due aziende Sesa e Bioman erano state scelte sulla base di un regolare bando di concorso, puntualizzò che tutto questo non avrebbe inciso sui costi del servizio effettuato per conto del Comune. La vicenda ora sembra tornare di attualità tanto da trovare spazio nei fascicoli di inchiesta aperti dalla procura di piazzale Clodio, per tentare di fare chiarezza su questa annosa questione.