L’ALLARME
E’ il 3 giugno 2013, un periodo di interregno in Campidoglio. Mancano sei giorni al ballottaggio Marino-Alemanno. E’ in quei giorni che, con una relazione dettagliata, l’Asl Roma C chiede «un provvedimento di ordinanza per gli acquedotti rurali Arsial». La missiva è indirizzata al direttore della direzione edilizia e opere igienico sanitarie del Comune e all’agenzia regionale che gestisce gli impianti. Dati alla mano si spiega che i valori batteriologici e chimici riscontrati sono fuori norma. E’ il caso degli impianti di Santa Maria di Galeria, Brandosa, Piansaccoccia e Santa Brigida. Morale: l’Asl dice: attenzione l’acqua non si può più utilizzare; ma l’allarme verrà preso in considerazione solo otto mesi più tardi.
LO SCENARIO
Quando poi, con un ulteriore ritardo, arriva l’atteso stop del Comune la situazione deflagra. E all’allarme arsenico si sommano una serie di effetti collaterali: rischio amianto nelle tubature degli impianti regionali Arsial e il pericolo per gli allevamenti che si trovano nelle zone coinvolte. Appena scoppia lo scandalo, il dossier arriva sul tavolo del ministro della Sanità Beatrice Lorenzin. Che sta monitorando la situazione con «la massima attenzione», sollecitata dalla pioggia di interrogazioni parlamentari. Intanto, lunedì prossimo i vertici dell’Arsial (insieme a Municipi XIV e XV e all’Asl) saranno ascoltati in Regione, dalla commissione Ambiente convocata ad hoc.
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