Porchetta e Bollicine, a prima vista una provocazione: nel ristorante in via Spurinna non ci sono solo specialità dei Castelli Romani

Il ristorante si trova a Roma, in via Vestricio Spurinna

Porchetta e Bollicine, a prima vista una provocazione: nel ristorante in via Spurinna non ci sono solo specialità dei Castelli Romani
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Giovedì 11 Aprile 2024, 09:15

Porchetta e Bollicine. A prima vista una provocazione, un paradosso gastronomico, come se uno dicesse Coda alla Vaccinara e Whisky delle Isole. E invece il paradosso regge molto bene e si rivela una felicissima porta di accesso alla filosofia di un locale sotto ogni profilo sorprendente. La prima cosa che qui colpisce la fantasia è la location: delle vetrine commerciali su via Vestricio Spurinna, in mezzo a esercizi eterogenei: ci vuole un minimo di attenzione, all'inizio, per non confondere una sosta gourmet con una tintoria. Si entra e il colpo d'occhio rivela un sobrio minimalismo. Con due eccezioni però: prima, l'imponente bancone dell'ingresso, una esplosiva parata di salumi, formaggi e prodotti gourmet da acquistare oppure da godersi al tavolo e poi gli ampi scaffali dove occhieggiano bottiglie, tutte selezionate con intelligenza e vendute a prezzi molto interessanti.

Su tutto soffia il vento dei Castelli Romani. Non a caso uno dei partner dell'impresa è il mitico Vitaliano Bernabei, più di cento anni di storia a Marino, e una produzione di assoluta eccellenza. Non resta allora che lasciarsi guidare da Simone Angelini che conduce la sala dove spesso compare anche Michela Irione, uno dei soci proprietari, un carattere forte e appassionato. Lo start, porchetta, ça va sans dire, è all'altezza delle aspettative: croccante, fragrante, lunga nei suoi aromi (finocchietto selvatico e rosmarino) e, cosa che non guasta, molto bene accompagnata da una focaccia alta fatta in casa di grande soddisfazione al palato.

Le stoviglie artigianali sono molto belle e compiacciono l'occhio. Poi, volendo stare alle meraviglie del bancone e ai consigli del bravo Cristian Buccanelli (anche in sala), i taglieri di formaggi e salumi sono tutti di grande impatto gustativo. Però c'è anche una cucina a vista che invita, un luogo dove si esprimono il talento ordinato di Hiro Iuki Hosoda, giapponese da molti anni in Italia, insieme al bravo Ugo Colafrancesco, gioioso nel suo approccio al cibo. Sorvolando sui ravioli di porchetta, prendono subito il palato per il riuscito equilibrio dei componenti i lasagnotti con carciofi saltati e fonduta di pecorino. Menzione a parte va alle mezze maniche alla gricia, perfette per cottura, e con un guanciale strappalacrime per bontà e amalgamato col pecorino nel suo grasso a comporre un'edizione impeccabile del piatto. Si prosegue con il baccalà islandese con cremoso di carota e polvere di aglio nero o con un recupero intelligente del tonno del Chianti. Il nome non deve ingannare, perché di tonno non ce n'è una virgola in questo antico piatto contadino chiantigiano. Di fatto si tratta di un modo di conservare il maiale, spurgato con sale, cotto con vino e tanti aromi, poi sfilacciato a pezzi e messo sott'olio e, in questo caso, servito con una gustosa misticanza di campo: una vera gioia del palato. La cantina è in grado di assecondare qualunque sfizio. Le bollicine per la porchetta, in primis, magari con un importante blanc de noirs, ma anche tante etichette che pescano al meglio di produttori tutti non banali. Per concludere, un dolce che fa tornare bambini: una ricotta eccezionale con pane croccante bruscato e cioccolato.

Giacomo A. Dente
© RIPRODUZIONE RISERVATA

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