Roma, Marino sul caso salari accessori: «Stipendi non si toccano, nulla da restituire»

Ignazio Marino
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Venerdì 19 Giugno 2015, 13:12 - Ultimo aggiornamento: 20 Giugno, 08:47

Ignazio Marino ora disobbedisce. Non ci sta al rilievo del Mef di avere speso indebitamente 360 milioni per i bonus extra degli stipendi degli impiegati capitolini. «Gli stipendi non si toccano e non c'è nulla da restituire», scandisce il sindaco che questa volta è in linea con i sindacati che promettono «guerra se verrà toccata una lira delle buste paga». «Irresponsabili», replica il sottosegretario all'Economia Zanetti.

Non abbiamo chiesto alcun recupero delle cifre erogate, fa sapere il Ministero che tuttavia sottolinea come i soldi extra siano stati dati non a fronte di «nuovi servizi» o di un «ampliamento dei servizi esistenti che richiedano un aumento delle prestazioni del personale».

E invita esplicitamente il Comune ad adottare provvedimenti per «per una corretta quantificazione delle risorse del fondo».

Tra Campidoglio e Mef dunque è guerra di soldi: per i tecnici del Ministero il Comune di Roma tra il 2008 e il 2011 avrebbe illecitamente speso 360 milioni di euro per pagare il cosiddetto salario accessori ai suoi dipendenti. Ma il Campidoglio non ci sta e replica al Mef che non gli deve un bel niente: «non è titolato ad esigere quei soldi».

A Marino, nel momento peggiore del suo mandato, non resta che cercare un'alleanza con i suoi 23 mila dipendenti e i sindacati i quali già promettono «guerra anche durante il Giubileo». «Va bene il rigore ma non deve pagare chi guadagna 1200 euro al mese», dice Marino battagliero. Il Mef replica col sottosegretario Zanetti sottolineando che «il salario accessorio non poteva essere dato a pioggia, ma doveva essere agganciato alla produttività del dipendente». Sulla questione salario accessorio, sul quale a onor del vero Marino ha messo le mani varando una riforma del contratto decentrato che «ora andrà avanti», indaga anche la Corte dei Conti che ha aperto un fascicolo circa un mese fa.

Il lavoro dei magistrati contabili prenderebbe in esame il periodo che va dal 2009 al 2013, in sostanza quello indicato nei rilievi del Mef. Gli accertamenti dureranno per alcuni mesi poi si procederà con l'invito a dedurre nei confronti dei soggetti interessati che a quel punto avranno non meno di trenta giorni per presentare deduzioni e documenti. Il rischio è che si possa paventare un danno all'erario per erogazioni indebite. Per evitare un tale pericolo, letale per le casse del Campidoglio, il Comune dovrebbe in sostanza contenere il fondo dedicato al salario accessorio da corrispondere nei prossimi anni, fondo che ammonta a 60 milioni. E ciò significherebbe alzare il conflitto con le parti sociali e con gli stessi dipendenti capitolini, già «strattonati» dalle vicende Mafia Capitale. Insomma significherebbe accendere la miccia nella polveriera Campidoglio e compromettere anche i servizi offerti alla città. Una strada che nè Marino nè Roma possono permettersi. Del resto oggi il vice segretario del Pd Debora Serracchiani è tornata a invocare per Roma la «buona amministrazione» e il sindaco di Firenze Dario Nardella ha spronato il sindaco a fare «il meglio».

Nella guerra fredda Marino-Palazzo Chigi intanto cova anche il decreto sul Giubileo che continua a slittare. Forse, dicono i maligni, la bomba Mef serve ad avvisare l'inquilino del Campidoglio che non può avanzare pretese in tema di soldi. Marino però, ogni giorno sotto assedio, va avanti sognando il 2013. Oggi ha varato la sua fase 2, quella «del fare», assegnando alla giunta una road map che vede in testa le strade, ovvero le buche, i rifiuti, i bus. I problemi di Roma da sempre.