Buco di 360 milioni a Roma, marino: è il colmo, combatto e non accetto scambi

Ignazio Marino
di Simone Canettieri
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Venerdì 19 Giugno 2015, 08:10 - Ultimo aggiornamento: 08:26

Eppure Ignazio Marino di prima mattina era riuscito ad affacciarsi dal bunker dopo 72 ore di assedio: «Starò qui fino al 2023». Con tanto di risposta, sul fil di metafora, alle critiche del premier Matteo Renzi: «Un chirurgo si giudica alla fine dell'intervento, quando esce dalla sala operatoria, il malato torna a casa e abbraccia la famiglia».

In serata, la bomba sganciata dal Mef sui salari di 23mila dipendenti capitolini ha cancellato in un attimo la reazione del sindaco.

A tarda serata, ecco Ignazio Marino, inguaribile ottimista. Di sicuro più in trincea di prima.

Sindaco, i rilievi del Mef aprono uno scenario difficile da gestire. Rischia di trovarsi la città bloccata da 23mila dipendenti. E lei in questa fase non sembra così solido per reggere l'onda d'urto.

«Sono tranquillo, quelle del Mef sono carte che conosco molto bene. Io, come capo dell'amministrazione, sono l'unico sindaco d'Italia che ha firmato unilateralmente il contratto che agganciava i salari accessori al merito. L'otto luglio del 2008 gli ispettori del Mef fecero una relazione che venne tenuta nel cassetto dalla giunta Alemanno e che non venne mai discussa».

Trova strana la tempistica in questi rilievi del Mef?

«Se c'è una città che ha fatto un percorso virtuoso questa è Roma. Sarebbe un mondo all'incontrario quello in cui l'unico sindaco che ha avuto il coraggio di farsi occupare il Campidoglio da ventimila persone pur di bloccare i privilegi, valorizzando il merito, adesso venga penalizzato. Ho fatto un lavoro chirurgico, mi risulta che altre città che si trovavano in situazioni analoghe e che non hanno preso provvedimenti si sono viste abolire le sanzioni per legge».

Bene, ma adesso come pensa di muoversi?

«Con il ministro Padoan nelle scorse settimane abbiamo fatto un grande lavoro. Ora con lo Ragioneria dello Stato troveremo soluzioni affinché il lavoro che Roma ha messo in atto valga per tutto il Paese».

Insistiamo: vive questa bacchettata del Governo come un accanimento?

«Non si possono mettere i riflettori su Roma solo perché il sindaco ha chiesto a suo tempo l'intervento degli ispettori del Mef».

Gira voce che abbia annullato l'agenda dei prossimi giorni. E' un passo dalle dimissioni?

«Assolutamente no, l'agenda di domani (ogg-ndr) è pienissima: vado a inaugurare tre cantieri».

In questa fase rischia di perdersi per strada Sel: Nieri ha detto che è pronto a dimettersi.

«Luigi è ferito perché da uomo di sinistra ha portato avanti il contratto decentrato che ha tolto i privilegi distribuiti sui vecchi salari accessori, consentendo l'apertura degli uffici comunali nel pomeriggio. Non credo che Nieri lasci ma è preso tra due fuochi».

Ma Sel minaccia di uscire dalla maggioranza: se fosse così le mancherebbero i numeri per andare avanti.

«Non penso che il partito di Vendola mi abbandonerà. Mi sento tranquillo».

A proposito di sentirsi tranquilli, ha più sentito Renzi?

«No, ho avuto però contatti con Delrio e De Vincenti».

Come pensa di uscire da questo tunnel?

«Siamo davanti a tensioni combinate ad arte da altri. Penso che quando tra pochi giorni si vedranno cantieri aperti, le buche riparate, i nuovi autobus e le scuole sistemate, i romani che sono severi ma anche intelligenti non potranno che darmene atto. Siamo partiti dalle macerie».

Ma intanto slitta ancora il consiglio dei ministri sul Giubileo.

«Abbiamo continui contatti con il governo».

Sta contrattando posti governo in cambio delle dimissioni?

«Sono molto arrabbiato per queste insinuazioni. Io non voglio niente da nessuno, non sono un politicante e ho una professione».

Ma è davvero sicuro di continuare a fare il sindaco di Roma fino al 2023?

«Sì». (Sorride)