Roma, Renzi vuole 9 commisari: «Marino? Ha fatto bene a lasciare»

Roma, Renzi vuole 9 commisari: «Marino? Ha fatto bene a lasciare»
di Marco Conti
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Sabato 10 Ottobre 2015, 09:34 - Ultimo aggiornamento: 15:31

«Abbiamo venti giorni per pensare ai nomi dei commissari. Si vota a giugno. Poi dovrete mettercela tutta per dimostrare che in pochi mesi si riesce a fare ciò che non è stato fatto sinora». Matteo Renzi chiude così l’incontro con il commissario del Pd romano. Matteo Orfini ieri pomeriggio è salito a Palazzo Chigi per fare il punto con il presidente del Consiglio - nonché segretario del Pd - sulla spinosissima vicenda romana. Malgrado i contorsionismi di Marino, che ha spostato a lunedì la firma delle sue dimissioni, i due Matteo considerano la questione archiviata e ieri hanno discusso del dopo. Scrive infatti Renzi oggi sull’Unità, nella risposta a un lettore: «Credo che al punto in cui eravamo non ci fossero più alternative. E dunque credo che Ignazio Marino abbia fatto bene a dimettersi. Adesso chi vuole bene a Roma la smetta con le polemiche e con le divisioni: ho fatto il Sindaco e so che ai cittadini interessa che si sistemino le strade e i giardini, non le liti tra correnti. Come Governo - continua - faremo tutto il possibile perché il Giubileo sia un successo. Del resto, quando abbiamo confermato Expo, nonostante tutti ci suggerissero il contrario, non ci credeva nessuno ma adesso i risultati parlano chiaro».

Si guarda avanti, quindi, cercando di tenere unito il Pd e cercando anche un’interlocuzione a sinistra.

Ovvero con Sel di Paolo Cento che era in giunta sino a qualche settimane fa. Tutti insieme, secondo Renzi, per battere la destra «che ha rovinato la Capitale per cinque anni» ed evitare a Roma «l’avventura» con i pentastellati che, sondaggi alla mano, risultano ora il primo partito. In buona sostanza, il presidente del Consiglio è convinto che la partita non sia chiusa e accetta la sfida delle urne che intende aprire a giugno in una tornata amministrativa con tutti i capoluoghi che vanno a scadenza. Rinvii ulteriori non sarebbero possibili, legge alla mano, e Renzi non ha nessuna intenzione di fare forzature in un decreto che comunque dovrà essere convertito dal Parlamento: grillini e leghisti non aspetterebbero altro. Per dare il senso di un netto cambio di passo dell’amministrazione, si lavora quindi sul nome del commissario e dei subcommissari. Nove, in tutto, che di fatto comporranno una giunta tecnica «molto operativa» che avrà di fatto carta bianca per preparare il Giubileo e sistemare alcune annose questioni e che avrà al suo fianco il governo. Se poi, in venti giorni, si troverà il modo di inserire nella rosa dei commissari anche il possibile candidato-sindaco, è questione tutta da vedere. Renzi - che ieri mattina ha anche incontrato a palazzo Chigi il sindaco di Milano Giuliano Pisapia - ieri ha smentito il ”no” alle primarie e di fatto ha anche negato, come dimostrano le parole riportate oggi dall’Unità, di voler fare tutto da solo. La sfida per il Campidoglio è per il Pd talmente ardua che a suo giudizio richiede lo sforzo di tutto il centrosinistra e non solo del Pd che a Roma continua ad essere commissariato e che registra un numero di iscritti in netta discesa. «Ragioniamo sui nomi possibili, poi decideremo insieme se e come fare le primarie», è il senso della linea data dal premier-segretario che non intende rinunciare di principio alle opportunità e al capitale simbolico che incarnano. Decidere insieme. Quindi non più corse solitarie di un candidato che comunque dovrà, prima del voto, mettere insieme una squadra «di livello» da presentare agli elettori. Malgrado la situazione.

TAROCCHI

Renzi ieri pomeriggio ha dato il via ad una strategia che punta di nuovo alla vittoria perché «abbiamo sempre vinto le battaglie che abbiamo ingaggiato». Alle possibili ritorsioni di Marino, che minaccia di tirar fuori dai suoi diari chissà quali rivelazioni, Renzi non è interessato. La faccenda degli scontrini dei ristoranti con i commensali ”taroccati”, è per il segretario del Pd ed ex sindaco, argomento più che sufficiente per cambiare passo ad un’amministrazione che «non è mai riuscita ad entrare in sintonia con la città». Non a caso in queste ore si ragiona non su un altro marziano ma su un romano o comunque su un candidato che possa vantare un radicamento nella Capitale.

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