Truffa alle assicurazioni con i falsi incidenti auto, nei guai tre carrozzieri reatini

Una carrozzeria (foto d'Archivio)
di Renato Retini
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Venerdì 27 Gennaio 2023, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 10:38

RIETI - Di certo non era la fantasia che difettava agli ideatori di una maxi frode ad alcune primarie compagnie di assicurazioni italiane, che per anni hanno risarcito i danni alle auto coinvolte in decine di incidenti in realtà mai avvenuti e, in qualche caso, anche indennizzando le spese mediche a conducenti e passeggeri dei mezzi coinvolti, per lesioni fisiche mai subite, ma difficili da diagnosticare, quali traumi dolorosi alle spalle e alle ginocchia (gli arti preferiti), regolarmente refertati al Pronto soccorso.

Il sistema. Un sistema andato avanti per anni, almeno dal 2017 e fino al 2020, secondo la ricostruzione effettuata dalla procura di Rieti, che coinvolge trentasette persone, nove delle quali indagate per associazione a delinquere, oltre ad altri reati contestati anche agli automobilisti, non solo sabini, ma anche umbri e romani, come la frode assicurativa e il falso ideologico. 
Tutte persone raggiunte dall’avviso di conclusione indagini notificato dal sostituto procuratore Edoardo Capizzi, passaggio che precede la richiesta di rinvio a giudizio se nei venti giorni di tempo concessi alle difese, e ora scaduti, nessuno è riuscito a dimostrare la propria estraneità alle accuse mosse dalla magistratura reatina.

Lo schema. Il quadro della truffa disegnato dalle indagini coordinate dalla procura, vede nel ruolo di regista il titolare di uno studio tecnico di Rieti, incaricato anche di riscuotere gli indennizzi, facendosi cedere i crediti dagli interessati e curando poi la ripartizione dei soldi per ognuno di loro, e alcuni suoi diretti collaboratori, tra i quali sono indicati i titolari di una nota carrozzeria reatina, dove venivano organizzati i falsi incidenti, oltre a concordare le successive dichiarazioni da rendere ai medici in ospedale da parte dei “finti” feriti (le prognosi iniziali sono sempre state di pochi giorni, ma preziose per prolungare la durata dell’infortunio e ottenere più soldi), e certificati i danni alla carrozzeria riportati dalle macchine.

I trucchi. Ma con una variante: a volte i mezzi indicati come incidentati venivano fatti figurare solo sulla carta, riuscendo a evitare che i periti delle compagnie potessero visionarli e accorgersi del raggiro.

Un metodo, probabilmente, reso possibile dal rapporto di fiducia e conoscenza che i tecnici incaricati avevano con tre primarie carrozzerie che operano a Rieti e nel territorio di Santa Rufina di Cittaducale, i cui titolari, indagati per associazione a delinquere, emettevano le fatture per interventi di riparazione mai effettuati. In altri casi, venivano indicate persone al volante di una macchina coinvolta nell’incidente quando erano in tutt’altra parte.

Il parco mezzi. E se non c’era l’autovettura adatta, ecco allora che spuntavano fuori macchine già precedentemente incidentate, acquistate a poco prezzo, oppure messe a disposizione da terzi, e fatte poi “fruttare” ottenendo dalle società di assicurazioni risarcimenti di importi a più zeri.

I testimoni. Se poi servivano testimoni per rendere più reale la dinamica del sinistro, erano pronti pure quelli, ovviamente dietro compenso.

Le compagnie. L’ammontare esatto della frode non è stato ancora quantificato nella sua essattezza, le compagnie truffate (Generali, Allianz, Cattolica, Axa, Italia Assicurazioni, Unipolsai e Nobis) figurano come parte offesa e i loro avvocati hanno preannunciato la volontà di costituirsi parte civile in occasione dell’udienza preliminare che dovrà decidere sulla sorte degli indagati, per ottenere il risarcimento dei danni e la restituzione delle somme pagate per i falsi incidenti. 
Si tratta di un’inchiesta molto voluminosa, resa possibile dai tanti accertamenti incrociati condotti dagli investigatori su fatture e documenti, e da riscontri probatori definiti inconfutabili dagli inquirenti, che hanno contribuito a ricostruire l’intero sistema.

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