Rieti. Marcetelli e la «sua» creatura
Monteflavio per un gemellaggio
a distanza di oltre quattro secoli

Marcetelli
di Alessandra Lancia
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Domenica 17 Luglio 2016, 08:38 - Ultimo aggiornamento: 13:15
RIETI - Marcetelli il porto, Monteflavio la nave: e oggi, a più di cinque secoli di distanza, si torna a casa. Sarà festa grande a Marcetelli, il più piccolo, ma il più orgoglioso dei «campanili» reatini, per il gemellaggio con il paese della provincia romana che nel 1578 fu fondato da 34 famiglie marcetellesi «spinte» al grande passo dal vescovo Flavio Orsini. L'immagine del porto e della nave è del sindaco di Monteflavio, Lanfranco Ferrante. Tonino Cipolloni, che di Marcetelli è figlio illustre, nel suo ultimo libro parla invece del «Cammino dei cerchiari», perché nella storia e nell'immaginario collettivo questo sono stati i marcetellani, artigiani insuperabili nell'arte del fare botti, tini, mastelli, lavorando con sapienza un legno robusto ma flessibile.

IL PERCORSO
E così si è rivelato, nei secoli, il legame tra le due comunità: flessibile, o a corrente corrente alternata, come si direbbe oggi, con secoli di buio e poi, nel 1978, la prima luce grazie agli studi (e alle gite scolastiche) del maestro Guido Giacomelli di Monteflavio. Eppure robusto, perché comunque il filo tessuto di comuni tradizioni e devozioni non si è mai spezzato, riempiendo di meraviglia i marcetellani che nell'ottore del 2015, guidati dal sindaco Daniele Raimondi, marciarono in massa verso Monteflavio per il primo atto del gemellaggio che si perfeziona oggi. Una bella storia, insomma, tutta da raccontare e Cipolloni non si è tirato indietro, in un lavoro a più mani che ha recuperato gli studi e gli scritti di Bruno Ippoliti - studioso di tradizioni religiose ed esperto di usanze popolari - e di Silvano Landi, che alla ricca flora e fauna locale ha dedicato studi e ricerche. «Oggi che si tende a rivalutare il senso profondo e la qualità della vita del villaggio rispetto al modello metropolitano - scrive Roberto Marinelli nella prefazione - un libro come questo può servire a riflettere su scelte politiche sbagliate del passato. O a ripercorrere idealmente le vecchie strade dei mulattieri o dei cerchiari senza nostalgie però per un mondo contadino carico di privazioni e sofferenze».
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