Rieti, Fondazione Varrone: la biblioteca delle Officine non riaprirà. Il bilancio del presidente D'Onofrio

Fondazione Varrone
di Massimo Cavoli
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Martedì 7 Giugno 2022, 00:10

RIETI - Quattro anni vissuti con intensità («E’ stata un’esperienza bellissima»), ma soprattutto in discontinuità con il passato, adottando scelte per avvicinare la Fondazione Varrone alla gente (organizzazione di concerti musicali allestiti all’interno dei condomini Ater o nei quartieri periferici) e aprire all’esterno il Palazzo. Antonio D’Onofrio, presidente uscente insieme al consiglio di amministrazione (l’8 giugno sarà eletto il nuovo cda guidato dall’architetto Mauro Trilli ndr), lo rivendica, senza mezze misure, presentando il bilancio di fine mandato nella sede di via dei Crispolti: «Abbiamo cambiato il sistema, scegliendo di partecipare in modo costruttivo alle iniziative per allontanare l’idea che la Fondazione fosse una lobby, impegnandoci in diverse direttrici, dalla lotta alla povertà, che certamente non si è fermata con il lockdown, sostenendo la mensa di Santa Chiara, fornendo aiuto alle categorie svantaggiate, come il polo per i soggetti autistici o per i bambini fragili, per i quali abbiamo messo a disposizione Villa Rosina, al Terminillo, donata dalla famiglia Ercolani, lavorando insieme a diverse associazioni di volontariato e al Bambino Gesù di Roma». 
Una discontinuità che balza evidente quando D’Onofrio annuncia che la biblioteca delle Officine Varrone, rimasta sotto sequestro giudiziario per sei anni e costata alcune centinaia di mila euro tra sanatorie varie per gli abusi edilizi e spese legali dei processi, per la quale era nato a sostegno anche un comitato cittadino, non riaprirà: «E’ una struttura superata dai tempi, alimentata con la donazione di fondi provenienti da privati, che in qualche caso abbiamo provveduto a restituire. Oltretutto dovrebbe essere realizzato un impianto antincendio che non c’è, come indicato dai vigili del fuoco, ma non abbiamo ancora deciso come verrà trasformata anche se ci sono giunte diverse proposte. Non posso, però, escludere una destinazione per le attività del polo universitario che necessita di altri spazi, quello che è certo è che l’uso resterà pubblico, ma su questo deciderà il futuro consiglio di amministrazione». 
Rottura con il passato che si registra anche per quanto riguarda le iniziative editoriali («Al posto di libri solo fotografici che vengono messi in biblioteca e lì restano, abbiamo scelto di pubblicare lavori per far conoscere la storia della città»), spazio, invece, a un maggiore sfruttamento dell’ex chiesa di San Giorgio e dell’area del polo culturale con iniziative mirate a coinvolgere sempre più i cittadini. Il presidente definisce quella della Fondazione Varrone «una sfida vinta», riferendosi «alla mancanza di compattezza registrata all’inizio del mandato, ma poi il problema si è risolto e siamo andati avanti spediti».

Le cifre. Le cifre, una su tutte, lo confermano: il patrimonio ereditato a inizio mandato di 107 milioni, è cresciuto fino a raggiungere 112 milioni nel 2021, e questo nonostante il freno a tanti progetti imposto dall’emergenza pandemica, e anche gli utili hanno fatto registrare un guadagno di otto milioni. «Gestiamo i soldi di questa città raccolti attraverso le attività della Cassa di risparmio di Rieti, li usiamo per scopi di cui tutti devono beneficiare», ha chiarito, in buona sostanza, Antonio D’Onofrio, sfogliando «il giornale di bordo», una sorta di riepilogo suddiviso per capitoli (il primo è dedicato all’accoglienza), in cui vengono elencate le iniziative andate felicemente in porto, e delle quali il cda uscente rivendica il successo: mostra dei quadri da restaurare provenienti dalle zone terremotate di Accumoli e Amatrice, il ritorno in Sabina del caro di Eretum, la mostra (in corso) dei dipinti di Giorgio De Chirico, lo stretto rapporto con l’Asl in piena emergenza Covid (apertura dell’hub vaccinale all’ex Bosi e la fornitura di presidi sanitari), e gli aiuti forniti alle residenze per anziani, finendo al sostegno offerto agli enti locali per accedere ai fondi del Pnrr con progetti esaminati da una società di consulenza. 
D’Onofrio si congeda e parla da presidente della Sabina Universitas: «Puntiamo a creare corsi che servono a Rieti, quella che abbiamo oggi non è una vera università, servono altri programmi e spero che si concretizzi il progetto di istituire da noi una sede distaccata della Tuscia e della Sapienza».