Rieti, madre e figlio vivono da 20 anni in una casa Ater piena di muffa

La muffa sulla parete
di Giacomo Cavoli
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Sabato 31 Luglio 2021, 00:10

RIETI - Oltre vent’anni con la muffa in casa, mai rimossa da chi se ne sarebbe dovuto occupare e un figlio, malato di distrofia muscolare, ricoverato per ben due volte a causa delle difficoltà respiratorie generate dalla presenza dei funghi sulle pareti domestiche. E’ l’incredibile e agghiacciante condizione nella quale si trova a vivere la famiglia di Lina Liberti, in uno degli appartamenti del complesso abitativo di proprietà dell’Ater in via Elettra Pollastrini, a Campoloniano (nella foto). Lo stesso complesso nel quale, il 16 luglio scorso, è stato inaugurato il bel parco sportivo dotato di campo da calcetto, basket e bocce, ad oggi però ancora chiuso e inutilizzabile, in attesa che venga consegnato il materiale per completare il campo da bocce. E dove, nel frattempo, circondato dalle fettucce di cantiere, non ci si può neanche sedere su una panchina per godere del fresco della sera.

La vicenda 
Se non si trattasse della dura e cruda realtà, sarebbe una vicenda alla quale si farebbe persino fatica a credere: «Abito in questo appartamento dal 1999 – racconta a Il Messaggero la signora Liberti – Già durante quegli anni erano presenti i primi segni di muffa sulle pareti e avevo provato a rimediare utilizzando la candeggina e riverniciando i muri, ma non è mai servito a nulla.

Per non parlare dei secchi di acqua che sono costretta a buttare via». Nel frattempo, la distrofia muscolare del suo figlio più grande – oggi 35enne – peggiora e così, intorno ai 14-15 anni, il giovane è costretto a subire un primo ricovero in ospedale a causa delle difficoltà respiratorie peggiorate dalla muffa: «Purtroppo, quando si viene colpiti dalla distrofia muscolare, i primi a risentirne sono i polmoni – prosegue la mamma – Così, già all’età di 14-15 anni mio figlio è stato ricoverato perché, anche a causa della muffa, accusava forti difficoltà respiratorie. La seconda volta fu invece nel 2017, quando fu spostato al Gemelli di Roma sempre perché, ad aggravare la situazione, era stata la condizione in cui siamo costretti a vivere. Da qualche anno, quindi, sia io che mio figlio dormiamo in sala, perché inizialmente lì la muffa non si era sviluppata e di notte devo essere costantemente vicina a lui, per via del respiratore notturno. Ma ormai la muffa ha invaso tutte le stanze, compresa la sala. E come se non bastasse anche io nel corso degli anni ho accusato il colpo, sviluppando una forma di asma, perché la muffa non fa bene a nessuno».

Segnalazioni inutili 
I tentativi di risolvere il problema non hanno però mai sortito alcun effetto: «Ho segnalato più volte la problematica ai tecnici dell’Ater, ma la risposta è stata: “Signora, apra le finestre” – prosegue Lina – Così anche d’inverno, persino quando nevica, già ancora prima che sorga il sole sono costretta a tenere le finestre aperte e in casa si vive sempre a corrente tra le varie stanze. Nel corso del tempo, a causa della muffa sono stata costretta a buttare due armadi, maglioni, biancheria e corredi dal forte valore affettivo, mentre i vestiti li tengo sempre fuori dai mobili, per tentare di salvare almeno quelli. Ma non sono soltanto io ad avere questo genere di problema, qui nel palazzo». Altra beffa, stavolta, più recente, è stata il rifacimento del piatto doccia, «dopo il quale non riesco più a far entrare mio figlio in bagno – conclude Lina – perché purtroppo non può alzarsi dalla carrozzina». Ma è davvero possibile dover essere costretti ad accettare un’esistenza del genere?

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