Rieti, giovane reatino suicida in carcere ad Ancona

Il carcere di Ancona
di Antonio Pio Guerra
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Domenica 7 Gennaio 2024, 00:10

RIETI - Un giovane reatino suicida nel carcere di Montacuto ad Ancona. La mamma accusa di averlo abbandonato. Nel bagno di una cella di isolamento è terminata la vita di Matteo Concetti, 25 anni, nato a Fermo da una famiglia di Rieti, dove il giovane ha vissuto per tanti anni e ha frequentato le scuole prima di tornare di recente nelle Marche. L’hanno trovato impiccato con una corda, venerdì. Inutili i tentativi di soccorso degli agenti penitenziari e 118. Una storia complicata, la sua. Nel penitenziario anconetano ci era finito a fine novembre, trasferito da quello di Fermo, probabilmente a causa di un momentaneo sovraffollamento.

La vicenda. Prima ancora, Matteo aveva ottenuto la possibilità di scontare una pena alternativa, lavorando in una pizzeria e vivendo in un appartamento in affitto nel Fermano con la sua ragazza. Poi un errore, forse un imprevisto, e il 25enne manca di un’ora l’orario del rientro a casa. Per questo il giudice lo rimanda in carcere, prima a Fermo, poi ad Ancona. Gli mancavano solo 8 mesi prima della libertà. «Reati contro il patrimonio» c’era scritto sulla sua fedina penale. Tanto che prima della misura alternativa, Matteo aveva trascorso 2 anni in comunità e 8 mesi al carcere di Rieti. Il declino psicologico del giovane, appassionato di body building, è cominciato col trasferimento a Montacuto. 
L’ultima batosta tra giovedì e venerdì, quando il 25enne è stato condotto in isolamento.

Già si trovava nella sezione “chiusa” del carcere, dove i detenuti non sono liberi di spostarsi. Quindi si sarebbe reso protagonista di un’aggressione a una guardia, parrebbe uno sgabello lanciato contro l’agente. Da qui, il trasferimento al regime più duro. Che qualcosa non andasse l’avevano notato i genitori, che venerdì mattina l’avevano incontrato. Poche ore dopo, la tragica scoperta.

Le reazioni. «Mio figlio è morto per colpa loro, lo Stato l’ha ammazzato». La mamma di Matteo Concetti parla fuori dell’obitorio. Piange ma non molla Roberta Faraglia, che da vent’anni vive a Rieti e lavora in ambito sanitario. Annuncia battaglia perché «questa è una tragedia che si poteva benissimo evitare. Venerdì, a me e a suo padre ha detto: io mi impicco», racconta. Una precisa volontà manifestata anche agli agenti penitenziari. «Se mi riportate lì sotto (in isolamento, ndr.) io mi ammazzo. Ho paura, non ci voglio stare», le parole pronunciate secondo sua madre. Perché Matteo soffriva anche di disturbi psichiatrici e faceva dei sogni strani, ma voleva curarsi. «Con le stesse medicine che prendeva in comunità e che lo facevano star bene», dice la signora Roberta. «Nessuno poteva prevedere un gesto di questo tipo, non essendo il detenuto a rischio suicidario», ha scritto il Garante dei detenuti marchigiano Giancarlo Giulianelli, ma la madre di Matteo non è dello stesso parere. «Aveva già tentato il suicidio nel 2017», ricorda. Poi punta il dito sulla sorveglianza: «Mi avevano promesso che avrebbero vigilato su di lui. L’hanno fatto?» si chiede. E annuncia battaglia. Al suo fianco c’è la senatrice Ilaria Cucchi, a cui la donna si è rivolta. «Il ragazzo era incompatibile col regime carcerario. Questa storia dimostra quanto poco conti la vita umana in certi ambienti», commenta la senatrice.

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