La storia del bar Crosby tra basket, memorabili partite a carte e scherzi da “Amici miei”

La storia del bar Crosby tra basket, memorabili partite a carte e scherzi da “Amici miei”
di Luigi Ricci
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Sabato 12 Marzo 2022, 00:10 - Ultimo aggiornamento: 22 Febbraio, 11:58

RIETI - «Pronto? Che ha fatto la Sebastiani?». Questa telefonata riecheggiò per anni la domenica sera al bar Crosby, quando la squadra giocava in trasferta. A rispondere: Giancarlo Imperatori o sua moglie Maria, ai quali quasi sempre Italo Di Fazi comunicava il risultato. Epoca terminata con la diffusione di radio e tv private, mentre la gestione del bar Marconi, questa la denominazione legata alla piazza in cui risiede, è proseguita fino al 2009, con la cessione dopo 41 anni dell’attività da parte di Giancarlo, scomparso nel 2015. 

Perché quel nome? Franco D’Orazi, cliente storico ricorda: «Eravamo al circo Togni con amici del bar.

Uno di noi notò la somiglianza tra Giancarlo e un personaggio in pista di nome Crosby. Da quel giorno fu “Crosby” per tutti». E’ uno dei mille aneddoti legati a questo locale, perfetta incarnazione del classico “Bar dello sport”, grazie una clientela numerosa – «Ci vorrebbe l’elenco telefonico per ricordarli tutti», scherza D’Orazi - giovane, variegata, appassionata di sport e non solo, che ha caratterizzato anche la vita di Rieti da fine anni ‘60 al nuovo secolo: «Molti di noi – racconta Franco – siamo come quei soldati giapponesi che non si sono mai arresi e abbiamo frequentato a lungo bar e piazza pure dopo che Giancarlo lasciò». 

L’epopea. Al Crosby si respirava familiarità e amicizia tra uno sfottò e l’altro: «C’era una bella atmosfera», ricorda la signora Maria, quella che preparava il mitico gelato, nonché «la panna montata più buona di Rieti», come ricorda un cliente. E anche il pur giovane nipote Gianmarco è felice di «aver potuto vivere quel clima cordiale». Dal Crosby, il 29 giugno 1973, partirono 20 pullman e centinaia di auto verso Pesaro per lo spareggio che promosse la Brina Sebastiani in serie A, così come partirono per decenni il bus della prima squadra per le trasferte, nonché quelli di giovanili e formazioni di ogni sport: Crosby infatti era il bar di tutto lo sport, volo a vela incluso. D’estate si incontrava Manlio Scopigno a prendere un gelato con gli amici. Fu lì che Willie Sojourner la notte tra 19 e 20 ottobre 2005 restò a scherzare con Giancarlo poco prima di morire in un incidente d’auto: «Un dolore immenso». Da allora per mesi fu esposta all’esterno una sua gigantografia. Così come per anni vi fu appesa una bandiera amarantoceleste in onore della città e dei suoi sport. 

L’aneddotica. Ci vorrebbe un libro per raccontare storie e personaggi, come il cameriere Mario: Memoria ferrea – racconta D’Orazi – ordinavamo 7-8 gelati con combinazioni diverse di ingredienti, non scriveva nulla ma non sbagliava mai». La notte del mondiale tra Mohamed Alì e Joe Frazier nel 1971, in programma alle 4 del mattino, Giancarlo aprì apposta per la telecronaca e cucinò pasta per tutti, e nel 1976 comprò la prima tv a colori per far seguire ai clienti le Olimpiadi di Montreal. Andrea Milardi ideò la staffetta 100x1000 al Crosby, e una rappresentativa del partecipò pure a un palio della Tinozza: «Purtroppo Gigi Simeoni si massacrò le ginocchia per entrarci, troppo alto».

Lì fu ideata anche la “Classica di primavera”: gara ciclistica da Casette a Borgo San Pietro in cui un noto personaggio reatino ideò un trucco per farsi trainare da un’auto ma fu scoperto, mentre un’altra volta ci fu una caduta colossale tra corridori e un gruppo di turisti inglesi: «Arrivarono tutti ammaccati al traguardo». 

Le carte. Memorabili le partite a carte: «Alla chiusura, sempre più tardi, il cameriere Felice faceva rumore scorrendo il manico di scopa sul vetro ondulato della porta, come per i carcerati». A Pasqua, Crosby esponeva sul biliardo colombe e uova, una volta ce n’era uno enorme. Attilio Pasquetti, Gm della Sebastiani, lo mangiò un po’ alla volta rimettendo sempre a posto la carta stagnola, finché Giancarlo lo scoprì quando lo prese in mano per venderlo a una cliente rimanendo con niente in mano: «Potrei continuare per ore», racconta D’Orazi.

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