Appalti all'Asl di Rieti: «Mio padre
si è ammalato per colpa dell'amianto
Ora voglio che sia fatta giustizia»

Appalti all'Asl di Rieti: «Mio padre si è ammalato per colpa dell'amianto Ora voglio che sia fatta giustizia»
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Sabato 10 Giugno 2017, 07:56 - Ultimo aggiornamento: 13:25
RIETI - «Come mi sento? Partiamo del presupposto che la salute di mio padre non ce la ridarà nessuno e questo, purtroppo, è per noi motivo di grande sconforto e paura. Ma quantomeno adesso sappiamo che finalmente chi ha sbagliato probabilmente pagherà, come è giusto che sia. Spero che tutti i nodi vengano al pettine e che nessuno più debba ammalarsi per lavorare. E’ necessaria una sorveglianza sanitaria più approfondita, anche perché purtroppo ad oggi conosco la situazione di mio padre e di un altro collega, ma chissà quante altre persone ancora si ammaleranno nel corso dei prossimi anni. Tutto questo non è giusto». A esprimersi con queste parole è Roberta Lucandri, figlia di Roberto Lucandri, elettricista della Asl di Rieti, ammalatosi di mesotelioma pleurico, il cui maggior fattore di rischio è l’esposizione all’amianto.

Roberto Lucandri, dipendente della Asl di Rieti, ha tagliato, manipolato e perfino mangiato amianto mentre lavorava all’interno della struttura ospedaliera reatina. Roberto, che ha svolto la mansione di elettricista per oltre 30 anni, è stato esposto al rischio amianto per un lungo periodo ma, anche dopo essersi ammalato di mesotelioma pleurico, la struttura sanitaria ha negato la presenza di amianto presso l’ospedale de Lellis, tra l’altro confermata anche dagli stessi colleghi di lavoro.

E, cosa ancor più incredibile, al momento anche l’Inail e il Tribunale di Rieti hanno creduto alle relazioni presentate dalla Asl di Rieti che accertavano che non c’era amianto nella struttura, negando quindi al lavoratore il riconoscimento della patologia. Ma la famiglia di Lucandri non si è arresa e tramite l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Osservatorio nazionale amianto, ha presentato ricorso in appello e scritto alla procura della Repubblica di Rieti, in relazione anche all’attuale inchiesta che ha portato a fine maggio all’arresto dell’ex direttore tecnico della Asl di Rieti, Marcello Fiorenza e all’emissione di 27 avvisi di garanzia, nei quali si ipotizzano, a vario titolo, diversi reati che vanno dall’associazione a delinquere alla corruzione, passando per l’abuso di ufficio.

Nella lettera alla procura, l’avvocato Bonanni annuncia la costituzione di parte civile nel processo, assistito dall’Ona (Associazione nazionale amianto). Anche l’Inail - come spiega l’avvocato romano - sarà chiamata a rispondere dei danni causata alla famiglia Lucandri per aver creduto alla relazione dell’ufficio della Asl, senza avere effettuato un’atenta verifica sulla reale presenza o meno dell’amianto all’interno del de Lellis. Nel frattempo, ci sono altri lavoratori reatini della Asl che si sono rivolti all’Ona per chiedere analoga assistenza.

«Quella di mio padre - racconta oggi la figlia Roberta Lucandi - è veramente una storia assurda. Mio padre ha lavorato per oltre 30 anni come elettricista per la Asl di Rieti, dal 1973 al 2005. Un lavoro che amava e che al tempo stesso lo stancava molto, ma sempre senza lamentarsi. Ogni giorno, durante lo svolgimento delle mansioni lavorative, era costantemente a contatto con l’amianto, ma era totalmente inconsapevole dei rischi di questa sostanza. Ogni giorno respirava le fibre, invisibili agli occhi e di conseguenza lui stesso si è fidato di chi lo ha fatto lavorare in quelle condizioni, senza alcuna precauzione. Ma il pericolo c’era e anche molto esteso, tanto è vero che gli stessi colleghi, durante l’udienza hanno testimoniato a suo favore, confermando la presenza di amianto all’interno dei materiali che utilizzavano e maneggiavano quotidianamente».

Ma l’Inail e il Tribunale non gli anno creduto...
«Inutile descrivere l’amarezza e la rabbia che abbiamo provato. Questo esito ci ha veramente colti di sorpresa. Eravamo sicuri e fiduciosi nella giustizia e speravamo di avere già ricevuto una punizione gratuita con la malattia di mio padre, ed invece è arrivata anche un’ulteriore sconfitta con l’ingiusta sentenza. Ci siamo sentiti veramente abbandonati da tutti, perché veramente il nesso tra esposizione e patologia correlata era evidente. Ora, però, ringrazio l’avvocato Ezio Bonanni, presidente dell’Ona, per aver preso a cuore il caso di mio padre e per la dedizione che dimostra verso la problematica dell’amianto. Un tema di cui ancora oggi si parla molto poco. Spero che la nostra storia sia da esempio per molti altri cittadini che combattono ogni giorno per avere giustizia».

Come sta suo padre oggi?
«A 5 anni dalla diagnosi di mesotelioma pleurico, mio padre ha subito un intervento molto delicato e ha fatto due cicli di chemioterapia. Tutte cure debilitanti e costose che noi abbiamo dovuto sostenere a nostre spese. Per alcuni trattamenti ci siamo anche dovuti recare fuori Rieti: per effettuare la pleurectomia siamo stati un mese a Mestre. Tutt’oggi siamo costretti a fare controlli trimestrali per tenere monitorata la malattia. Ora, però, vogliamo giustizia».
 
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