RIETI - Hanno sporto denuncia alla Procura della Repubblica per il reato di istigazione al suicidio i familiari di Matteo Concetti, il giovane reatino di 25 anni morto impiccato venerdì scorso nel carcere di Ancona. «Abbiamo denunciato questa ed altre cose, voglio sapere com’è morto mio figlio», dice a Il Messaggero la mamma Roberta Faraglia, che ripercorre le ultime frenetiche ore vissute nell’apprensione per le condizioni di salute di Matteo, fino alla tragedia della sua morte. «Una morte annunciata – dice la mamma - perché nostro figlio ci aveva esposto palesemente le sue intenzioni, senza possibilità di incomprensione. Al colloquio in carcere della mattina di venerdì 5 gennaio c’eravamo io, mio marito e gli agenti di polizia penitenziaria. Se mi riportate in cella di isolamento mi impicco, sono state le ultime e decise parole di mio figlio». Stando a quanto riferisce Roberta Faraglia, una guardia carceraria ha replicato all’appello del ragazzo con queste parole: «Ti denudo e non ti do i mezzi per farlo, ma devo riportarti in isolamento».
Il racconto. Mamma Roberta non si dà pace: «Ho supplicato gli agenti che lo sorvegliassero, mio figlio mi chiedeva di non andare via.
L'attesa di informazioni. I familiari attendono di avere informazioni sulla dinamica di quanto accaduto: «Non sappiamo ancora nulla, vogliamo sapere cosa è successo, come ha fatto un ragazzone alto e grosso come Matteo a impiccarsi nel bagno di un seminterrato, chi doveva controllare, se gli sono stati dati i farmaci per la sua patologia – dice la mamma – di certo dovevano portarlo all’ospedale settimane fa, ora è troppo tardi per tutto». La salma di Matteo Concetti si trova ora all’obitorio dell’Inrca di Ancona: «L’ho visto, ho visto il segno rosso sul suo collo. Era peggiorato dopo la morte di sua nonna. Ora ci preoccuperemo di seppellirlo accanto a lei, a Contigliano, non c’è altro che possiamo fare in questo momento, lei gli starà vicina, ovunque si trovino», dice Roberta Faraglia. «Ma non ci daremo pace - prosegue - finché non avremo giustizia per questo ragazzo lasciato solo dallo Stato. Matteo era un ragazzo fragile e malato che stava pagando i suoi errori e aveva il diritto di essere curato».