Il leader Pd vuole allargare i confini del patto del Nazareno

Il leader Pd vuole allargare i confini del patto del Nazareno
di Marco Conti
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Domenica 18 Gennaio 2015, 05:52 - Ultimo aggiornamento: 19 Gennaio, 11:03
ROMA «Se la rimozione del nostro capogruppo venisse votata alla Camera, prenderebbe più voti del Trattato di Lisbona». L'ironia non manca al deputato azzurro che spiega l'inedita tenacia con la quale Renato Brunetta si è contrapposto a Silvio Berlusconi anche con argomenti estranei alla politica.



CAMBIO

E' difficile dire se l'esperienza dell'ex ministro come capogruppo alla Camera stia volgendo al termine. Non perché manchino i numeri per una possibile sostituzione, ma perché scelte di questo tipo sono sempre state appannaggio esclusivo del Cavaliere, che però stavolta ha perso la pazienza al punto da vergare ieri mattina una nota con la quale difende a spada tratta il Patto del Nazareno: «Renzi tranquillo, rispetteremo gli impegni presi per rendere governabile il Paese».

A differenza di ciò che consiglia a ogni piè sospinto il capogruppo di FI, il Cavaliere è deciso a rispettare l'intesa raggiunta con Renzi. Al suo capogruppo ha provato a spiegarlo sabato sera nel corso di un lungo colloquio avvenuto ad Arcore qualche ora dopo l'intervista che Brunetta aveva dato al Corriere nella quale prometteva «guerra» a Renzi «se insiste sul calendario con le riforme prima del Colle». Ieri mattina l'ignaro Cavaliere è saltato sulla sedia e, dopo aver chiamato Paolo Romani, ha deciso la linea: «Io spiego la linea e tu prepari il documento che porremo in votazione nei gruppi martedì e mercoledì». Ovviamente se il capogruppo attuale dovesse votare in dissenso dalla maggioranza dei suoi deputati, l'uscita verrebbe data per scontata dal Cavaliere.





TESTO

Alla fine la veemente sortita del capogruppo azzurro ha prodotto l'effetto opposto. La netta presa di posizione del Cavaliere riduce infatti lo spazio di manovra di Raffaele Fitto. L'europarlamentare pugliese guida una minoranza interna a FI che sul patto del Nazareno ha gli stessi dubbi di Brunetta, ma non ne condivide metodi e voglia di protagonismo. Le riunioni dei gruppi di FI di Montecitorio e palazzo Madama si concluderanno con un voto su un documento - messo a punto da Romani - che di fatto costringerà i dissidenti ad allinearsi. Anche se la limatura del testo è in corso, il risultato sembra scontato perché con la nota di ieri pomeriggio Berlusconi ha messo fine anche a molte ricostruzioni più o meno fantasiose.

Renzi non ha mai avuto dubbi sulla volontà del Cavaliere, ma nelle ultime settimane ha cominciato a preoccuparsi per le tensioni all'interno di Forza Italia e per un alto grado di estrosa autonomia mostrata dal gruppo della Camera che a metà della scorsa settimana ha tentato di cambiare l'ordine del giorno dei lavori della Camera.



INTERESSE

La tenuta dell'intesa con Forza Italia resta per Renzi fondamentale per sterilizzare la sinistra interna e contenere i franchi tiratori. Una trentina, teorizzano i più pessimisti, potrebbero ”materializzarsi” alla Camera al momento della votazione delle riforme costituzionali. Al Senato, dove il voto sull'Italicum è palese, la tenuta del patto del Nazareno si vedrà al momento del voto sui capilista bloccati e sul premio alla lista e non alla coalizione. Argomenti che uniscono i malpancisti del Pd a quelli di Forza Italia e alla pattuglia grillina. La sorpresa potrebbe venire dai fuoriusciti del M5S che a palazzo Madama sono più di quindici e che potrebbero avere interesse ad avviare in questo modo col Pd renziano una trattativa sul nome del successore di Giorgio Napolitano.

Allargare l'intesa a parte del mondo pentastellato è uno degli obiettivi che da tempo ha in mente Matteo Renzi per mettere a tacere la sinistra interna e coloro che riducono il patto del Nazareno ad una sorta di scambio tra Quirinale e salvacondotto per Berlusconi. In realtà al Cavaliere basta il riconoscimento dell'agibilità politica per dare forza alla richiesta di riabilitazione che intende proporre dopo tre anni dalla fine dell'espiazione della condanna. Domani partirà la consultazione proposta da Renzi venerdì in direzione e sempre domani si conoscerà la consistenza della dissidenza Pd al Senato. Alla fine i numeri per la legge elettorale non dovrebbero mancare. Il rischio di compromettere il percorso che porta all'elezione del Capo dello Stato e la tenuta della stessa legislatura, dovrebbe frenar la dissidenza interna al Pd.