Padre Spadaro: «Ora dialoghiamo con i musulmani per non fare il gioco dei terroristi»

Antonio Spadaro
di Franca Giansoldati
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Giovedì 28 Luglio 2016, 11:59
dal nostro inviato
CRACOVIA - Padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica, l'uccisione di padre Jacques - un santo sacerdote lo ha definito il Papa ieri mattina in aereo - cambierà qualcosa nella strategia della Chiesa verso l'Islam?

«Il dialogo inter-religioso non subirà variazioni. Il Papa lo ha detto spesso e lo ha ripetuto anche ieri in aereo quando ha fatto capire che non siamo di fronte a una guerra di religione. Le cause vanno identificate altrove. Davanti a questo conflitto c'è bisogno di un dialogo rinnovato con l'Islam. Questo è un momento complicato per tutti. Osserviamo una escalation di violenza, come non si era mai verificata in precedenza. Hanno colpito in una chiesa europea. Ma vi sono stati tanti attentati in moschee. Moltissimi musulmani sono stati uccisi mentre pregavano. E' in frangenti del genere che bisogna mantenere i nervi saldi ed alimentare il dialogo per evitare conflittualità, altrimenti facciamo il gioco dei terroristi».

Con questo quadro è facile scomodare Samuel Huntington.
«Mi chiedo: lo scontro di civiltà esiste? E' una realtà o è la lettura artefatta della realtà? Quello che i terroristi cercano di fare è usare la religione per costruire i presupposti di una specie di guerra religiosa, quando invece dovremmo considerare questi fatti orrendi come terrorismo puro. Punto. Lo scontro di civiltà non c'entra. Starei molto attento a individuare degli schieramenti contrapposti e predeterminati, da una parte i musulmani e dall'altra i crociati. Quello che sta accadendo non è espressione di questo. La tentazione, purtroppo, è facile ma va evitata. E' fuorviante. E' dinamite pura. Ed è quello che i terroristi cercano di insinuare».
 
In questa strana estate di attentati e di sangue, qui a Cracovia sono radunati centinaia di migliaia di ragazzi che sognano, che sperano in un mondo migliore. Come aiutarli a non farsi intaccare dall'odio o dal rancore o peggio ancora dalla paura?
«Guardando le strade di Cracovia ho visto tanti giovani. Durante le Giornate Mondiali della Gioventù si radunano persone da tutte le parti del mondo per costruire ponti e non muri, ed è in un momento come questo con ragazzi che arrivano da continenti diversi, che fuoriesce un messaggio contro la paura. I giovani combattono la paura così, in modo innato, unendosi, uscendo dai propri confini, per esporsi ai loro sogni. Hanno coraggio. E' una festa, la festa della vita ed è la riposta più evidente al buio del terrore. Il Papa vede nei giovani un enorme serbatoio di energie positive».

La Chiesa che soffre ed è perseguitata soprattutto in Medio Oriente e in Africa è una realtà sotto scacco?
«I cristiani sono sotto attacco. E' un dato di fatto. Purtroppo non solo i cristiani. Nelle regioni medio orientali abbiamo visto la lotta inter islamica tra sciiti e sunniti mietere vittime innocenti, bambini, donne, malati. In questa terza guerra mondiale fatta a pezzi, la chiesa sta portando la croce. Anche in passato ci sono state situazioni complesse. Bisogna avere fede».

Secondo lei ci dovremo abituare a militari armati anche davanti alle chiese?
«Direi di no. Spero di no. Sarebbe un panorama spaventoso. Penso che ogni Paese forse prenderà le decisioni più opportune a seconda delle situazioni interne».

In Europa la Chiesa perde pezzi, i fedeli sono sempre di meno, le chiese sono sempre più vuote. La speranza per la Chiesa sembra albergare nel Terzo Mondo e non più in Europa...
«Da una parte è vero: la Chiesa cresce in alcune zone del mondo di recente evangelizzazione.Ci sono zone in cui i cattolici crescono e in altri diminuiscono. L'Europa però potrebbe avere una scossa, perché questi fenomeni di terrore fanno scuotere la coscienza. La morte di padre Jacques, per esempio, ha sconvolto, ha scrollato, anche per la sua testimonianza. Era un uomo buono, di pace, amico dell'Imam. La sua eredità porterà frutti ne sono certo».

Le parole del Papa sull'aereo fanno capire che non è tempo per le crociate, eppure tante persone faticano a distinguere l'Isis dall'Islam...
«L'Isis si riveste di Islam , ne usurpa il codice, e alimenta lo scontro. L'Isis è una deviazione, una realtà solo violenta che usa una narrativa evidente. Per noi però è facile scivolare nel loro gioco. Ma l'Islam non è terrore».

Esiste un islam moderato?
«Io non amo questa definizione. E' un po' come dire che esiste un cristianesimo moderato. L'aggettivo moderato è fuori luogo, sterile».
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