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I RAPPORTI
Casini è riuscito, forse unico tra gli ex alleati di Berlusconi, a mantenere con Silvio un rapporto di stima-rispetto, ma staccandosi nel momento più duro dall'alleanza con lui e Fini, riuscendo nel 2008 a ottenere, da solo, il 5.6% e a eleggere 36 deputati e 3 senatori. Inaffondabile, sapiente nelle manovre, pragmatico ma capace di assumere se necessario posizioni controcorrente come l'adesione allo Ius Soli. Per nulla fanatico, c'è che Casini trasmette il divertimento che prova nel «fare politica» senza livore, in sintonia con l'espansività bolognese. Quando la sua Udc pian piano si è disgregata nella deriva montiana, ha conservato la levatura di ex presidente della Camera, dedicandosi con passione a uscire dal provincialismo italico, Presidente della Commissione Esteri, insegnando relazioni internazionali all'Università, approfondendo il filone maturato da leader dei parlamentari e poi democristiani di tutto il mondo. Per poi gettarsi di nuovo, a capofitto, nella bolognesità da cui era partito. Padre dirigente locale della Dc, a 24 anni Pier era consigliere comunale, alla Camera nell'83 con 34mila voti.
Non a caso ieri ha scelto Piazza Maggiore per ringraziare il suo popolo. Ha condotto la campagna azzerando le barriere ideologiche col suo travolgente ottimismo bolognese. Per farlo si è appellato, come quando fu eletto al più alto scranno della Camera, alla Madonna di San Luca, che protegge tanto i cattolici che i comunisti bolognesi. Hanno giovato, a Casini, anche le battute sdrammatizzanti. «Oh, qua ci sono troppi comunisti!». Perché alla fine, prima che comunisti, i bolognesi si sentono bolognesi. E in Casini hanno visto chi li poteva rappresentare a Roma.
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