Il Cavaliere ha preferito dissipare i sospetti sul suo impegno per il No, incontrando ieri Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Ma nel post-referendum, a dispetto del suo esito, Berlusconi, Salvini e Meloni
continuano a restare distanti: sull'opportunità di andare subito alle urne (come caldeggiano gli ultimi due) ma anche su una possibile fuga in avanti della Lega, che potrebbe incidere anche
in FI.
È invece sulle ultime settimane di campagna che si è concentrato il vertice. Un vertice organizzato quasi in segreto, al quale è seguito un lungo comunicato in cui i tre leader definiscono il referendum
un «test politico» per il premier Matteo Renzi, annunciano la volontà di lanciare una fase costituente basata sull'assioma del presidenzialismo e si impegnano ad una campagna coordinata sul
territorio. Campagna che - sulla scia dell'iniziativa dello scorso luglio di Meloni - potrebbe vedere in prima fila sindaci e amministratori locali proprio per non focalizzare la battaglia tra Si e No su uno scontro generazionale. Di certo, il blitz prima televisivo e poi capitolino dell'ex Cavaliere serve per fare chiarezza anche sulla sua posizione per il No. Una posizione su cui Lega e Fdi nutrivano non pochi dubbi tanto da considerare il vertice di ieri in un certo senso dovuto e anche tardivo.
Ma è anche al giorno successivo al voto che l'ex premier guarda in chiave centrodestra, tentando di
dilazionare qualsiasi Opa leghista e di prendere le misure da un eventuale strappo di Salvini. Strappo che potrebbe trascinar con sé più di un azzurro filo-leghista. E non è un caso che, poco prima del vertice, il leader leghista metta via radio i suoi paletti sulla leadership: «i dati dicono che la Lega è il primo movimento del centrodestra, quindi il Segretario della Lega sarebbe in questo momento il candidato del centrodestra, Berlusconi ne prenda atto», è il suo aut-aut.
Il vertice di ieri ha infine la sua eco anche nel centrodestra più moderato. Adombrando, almeno temporaneamente, la parabola di uno Stefano Parisi ben poco gradito alla Lega e suscitando la netta reazione dei moderati per il Sì: « Berlusconi non abdichi agli anti-euro e agli anti-Nato», sottolinea di
Enrico Zanetti. Anche perché una campagna per il No - sebbene non in primissima fila - di Berlusconi avrà una qualche incidenza sul voto: «vale il 4%» spiegava ieri, a Montecitorio, Renato Brunetta a Pier Luigi Bersani.
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